L’aspetto che di Federico l’ha colpita in maniera istintiva?
È un personaggio particolare perché, da un lato è molto vicino a me, principalmente per via della passione per la musica – io studio clarinetto ed è stato stupendo poter unire le mie due più grandi passioni. D’altra parte, però, caratterialmente è lontano da me. È una persona iper-razionale, molto controllata, che si assume le proprie responsabilità sopratutto in virtù di dinamiche personali, vissute nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza. Ogni battuta nasconde qualcos’altro del suo mondo.
Ciò che più mi ha colpito di lui è la reazione che ha nel momento in cui scopre che Micol è incinta.
Qual è, a suo parere, il punto di forza della serie?
La sceneggiatura a quattro mani di Archibugi ed Elena Buccaccio poiché sono riuscite a raccontare tantissimi personaggi – e lo dico anche come spettatore – conferendo spessore a ciascuno.
Senz’altro la regia della Archibugi è un valore aggiunto. Grazie alla sua direzione, ogni giorno, comprendevo particolari di Federico che son andati a comporre il puzzle complessivo. Inoltre, ho avuto la possibilità di lavorare con attori giganteschi come Giancarlo Giannini, Vittoria Puccini, Anna Galiena, Pamela Villoresi.
Spesso si dice che c’è una differenza nello “sguardo femminile” (riferendosi alle registe donne), lei, dall’interno, l’ha avvertita?
A mio parere è una questione di sguardo sensibile. L’essere donna non vuol dire saper raccontare necessariamente bene una donna.
Lei, quindi, non ha notato alcuna differenza nel modo di esser diretto?
Senza nulla togliere agli altri registi con cui ho lavorato, ho sentito una differenza per la personalità, la testa e l’emotività di Francesca, qualità che non attribuisco al suo essere donna, ma al suo essere così com’è.
Ci può anticipare come si evolve il suo personaggio?
Forse a causa della gravidanza, i due mondi apparentemente lontani si riscoprono vicini. L’elemento più romantico che li accomuna è la passione per la musica.
La famiglia è una delle tematiche più care a Rai Fiction. Da artista e da spettatore, in cosa si diversifica ‘Romanzo famigliare’?
Avevo scelto di non vedere nulla, neanche prima della conferenza stampa, per poter seguire la messa in onda come spettatore. In quest’ottica sono rimasto piacevolmente colpito dal linguaggio inedito e dalla storia che mi ha immediatamente catturato. Riscontro un modo nuovo di raccontare la famiglia, nel senso che è stato adottato un linguaggio vero, che rappresenta dinamiche relazionali, famigliari ed emotive vere.
Che tipo di spettatore è?
Seguo molto la serialità, nostrana e internazionale (penso a ‘Downton Abbey’ e ‘Narcos’), così come il cinema e spero sinceramente che ‘Romanzo famigliare’ possa offrire un contributo nuovo.
Lei ha partecipato all’ultimo lavoro di Ridley Scott, ‘Tutti i soldi del mondo’ (attualmente in sala). Che tipo di esperienza è stata?
Molto positiva, purtroppo per quello che è successo – mi riferisco alla sostituzione di Kevin Spacey – sono stati fatti molti tagli, di conseguenza la mia parte è stata ridotta. Nonostante questo, si è trattato di un’esperienza notevole, non solo perché ho avuto la possibilità di essere diretto da uno dei registi più grandi nella storia del cinema, ma mi sono ritrovato sul set insieme ad attori come Michelle Williams e Mark Wahlberg. In più era la prima volta in cui recitavo in una lingua non mia e pur avendo un’ottima padronanza di inglese e francese, non è così semplice.
Lei condivide la scelta della sostituzione di Spacey?
No, ma mi preme spiegarmi. Il tema è molto delicato per cui da un lato comprendo perfettamente la decisione della produzione e del regista certamente finalizzata a proteggere il film da tutte le polemiche che si sarebbero potute creare. Al contempo, però, eliminare un attore fenomenale com’è Spacey è stata una scelta troppo drastica.
Credo fermamente che sia giusto denunciare atti di questo genere ed è necessario prendere dei provvedimenti; dall’altro lato bisogna stare attenti nel non fare di tutta un’erba un fascio. Nel caso specifico, se non ricordo male, ci si riferiva a qualcosa accaduto anni fa e quindi è stata effettuata una condanna retroattiva. Se si dovesse adottare un ragionamento del genere, mi vengono in mente tantissime pellicole che dovrebbero essere distrutte o fatte cadere nell’oblio.
Non voglio entrare nel merito del comportamento di Spacey perché riguarda la sua persona e lungi da me giudicare. Per come la vedo io, è una decisione che si inserisce nel filone attuale di Hollywood.
Spesso si parla dei giovani che non vogliono assumersi responsabilità. Lei era tra i protagonisti di ‘Belli di papà’ di Guido Chiesa. Come si sente rispetto a questo stereotipo?
Non mi ci identifico e nel film la questione è affrontata in maniera molto intelligente, dove il preconcetto rimane tale, coi tre ragazzi che manifestano un’evoluzione. Il problema è di categorizzazione, dipende dalle persone.
Leggendo il cv, abbiamo scoperto che è compositore di versi…
Quella pubblicazione (concorso ‘Premio di poesia Calamandrei’, quarta e quinta edizione, con pubblicazione di oltre venti suoi componimenti nella raccolta del concorso edita dalla casa editrice Lombardi, nda) è capitata per caso, su spinta della mia insegnante, che aveva trovato interessante ciò che avevo scritto. Confesso che sono molto geloso di ciò che scrivo [lo dice con pudore], continuo a farlo, ma non desidero che lo leggano altri perchè riguarda la sua sfera privata.
Francesco lei ha seguito anche un corso di clownterapia…
Mi è stato proposto un corso, l’ho fatto per provare qualcosa di nuovo e si è rivelata un’esperienza incredibile. L’ho sperimentato in precedenza rispetto al percorso teatrale e cinematografico ed è stato utilissimo perché è uno studio molto profondo di sè stessi e degli altri.
Prosegue anche nell’attività di volontariato…
[Anche su questo tasto è riservato] non amo particolarmente pubblicizzarla, se non altro perché fa parte di un mondo interiore, ma ci tengo a portarla avanti. Circa due mesi fa ho fatto un viaggio in Brasile con una Onlus con cui collaboro. Non mi piace molto la parola volontariato, seppur non si saprebbe come altrimenti definirlo, perché questo termine implica qualcosa che fai per gli altri. Sarà banale da dire, ma è superiore ciò che ricevi.
Lei è anche nella seconda stagione della serie ‘I Medici’. Ci racconta il suo personaggio?
Interpreto un cardinale quindicenne (uno dei primi cardinali adolescenti della storia), nipote del Papa ed è stato interessante perché non so, nella mia carriera, quante altre volte mi capiterà di interpretare un ruolo del genere. Inoltre, si tratta del mio primo personaggio realmente esistito per cui mi sono documentato. Ho dovuto imparare una ritualità e perciò sono stato affiancato da un consulente religioso, il quale mi ha guidato nella costruzione del personaggio. È stato entusiasmante poter vestire gli abiti del tempo curati da Alessandro Lai. Sono rimasto molto colpito dalla cura minimale anche in scene con tantissime comparse. Il tutto su un set di grandi professionisti.
Con quali attori si è relazionato maggiormente?
Il bello di questa produzione è l’unione di attori italiani con interpreti inglesi come Sarah Parish e Bradley James.