La puntata inizia da Roma, per raccontare storie positive e quanto l’Italia sia “straordinaria”.
Stavolta Giacobbo sfoggia “il permesso speciale dei permessi speciali”: via il giaccone pesante, ecco giacca e cravatta. Il conduttore è davanti al Senato italiano, pronto a introdurci nelle stanze che le telecamere non hanno mai inquadrato.
Palazzo Madama deve il suo nome a Margherita D’Austria, chiamata appunto “la madama”. La visita inizia dal cortile interno, da cui è stata tolta un altorilievo intitolato a Mussolini: tanta era la mole, altezza ben cinque metri, che l’oggetto è stato interrato per non trasportarlo.
Ebbene: mai Giacobbo avrebbe pensato di percorrere persino i sotterranei del Senato, eppure potrà raccontare anche questo.
La statua è stata calata da sopra, mai esposta per 70 anni: l’operatore riesce a fatica a riprenderla.
Ma è tempo di risalire, nell’aula dove si è seduto chi ha fatto la storia d’Italia. L’aula del Senato è stata realizzata in soli tre mesi: al centro era appeso un quadro del re.
I drappi azzurri presenti rappresentavano il colore dei Savoia. L’aula veniva raffreddata portando il ghiaccio dal Terminillo: l’aria veniva spinta verso l’alto e fatta ricadere con un meccanismo. Per riscaldare invece, si ricorreva al carbone.
Siamo a Palazzo Giustiniani, residenza del Presidente del Senato: qui è stata firmata la Costituzione. Giacobbo viene accolto da Pietro Grasso: il Senato è stato aperto alle visite, spesso dei giovani, per permettere alle persone di capire dove e come tutto è iniziato.
Viene ripercorsa brevemente la storia della Costituzione: 170 sedute per discutere i contenuti, fino all’approvazione dell’assemblea costituente del 22 dicembre 1947. Mancava solo la firma del capo dello Stato provvisorio, Enrico De Nicola, che sarebbe arrivata pochi giorni dopo.
Archiviato il capitolo Costituzione, si va a Vercelli. Entriamo nella Chiesa di San Cristoforo, dove è presente un quadro del 1529, la Madonna degli aranci: nel dipinto è presente un violino, ma lo strumento sarebbe stato inventato dopo. La prima testimonianza di un violino infatti, risalirebbe al 1564.
Giacobbo continua ad indagare, andando in un’antica biblioteca a cercare le tracce della parola “violino”.
Guido Rimonda, direttore d’orchestra, racconta di come nel 1996 una donna sconosciuta gli avesse donato uno Stradivari. Lo strumento risaliva al 1721, suonato da diversi musicisti nel corso degli anni: definito “la voce dell’angelo”, lo strumento però non suonava bene. Non si apriva, come si dice in gergo. Si è invece aperto 24 ore prima di un’esibizione, cioè il concerto a cui sarebbe stata presente la donna che lo aveva donato.
Non solo: lo Stradivari avrebbe pure l’impronta dell’uomo che l’aveva posseduto e tenuto stretto a sé, poi brutalmente assassinato. Per questo motivo il violino venne ritenuto oscuro.
Lentamente insomma, il violino si sarebbe “spento” fino a ritrovare il suono con il maestro Rimonda.
Giacobbo si occupa poi di Giovanni Battista Viotti, compositore della Marsigliese. Lo spartito di Viotti, composto 11 anni prima dell’autore accreditato, è molto simile all’inno francese: non è un caso, sottolinea Giacobbo, che l’altro non era compositore e non aveva firmato il brano.
Musicista al servizio del re, Viotti dovette scappare per non farsi catturare dai rivoluzionari.
Rimonda possiede lo spartito originale di Viotti: suonandolo con lo Stradivari, le note “ricordano” quelle dell’inno. Giacobbo ne approfitta per una battutina ai francesi: “Noi l’inno ve lo lasciamo lo stesso”.
Prossima tappa, Val Chisone. Siamo a 70 chilometri a nord di Torino, dove venne costruita una fortezza seconda solo alla Muraglia cinese: 122 anni per realizzarla, si tratta di una struttura che sale di 600 metri di dislivello per una lunghezza di due chilometri. Ne scrisse anche Edmondo De Amicis, rimasto colpito dal luogo.
Giacobbo esplora il posto, luogo in cui venivano mandati i soldati dell’esercito dei Savoia. La polveriera sfrutta la gabbia di Faraday: una rete di materiale conduttore, in modo che le scariche elettriche dei fulmini si depositassero all’esterno e non colpissero gli esplosivi custoditi.
Il conduttore non si tira indietro, rimanendo fedele al suo amore per scale e cunicoli: si accinge così ad affrontare i 3996 gradini della fortezza. Per chi la visita, spiega, si può portare il pranzo al sacco.
Il tempo di salire in cima, osservare come la struttura sia divisa in tre parti, ed è già ora di scendere. Fuori intanto nevica.
Ci spostiamo adesso a Rosazza, in provincia di Biella: il paese viene messo in relazione col francese Rennes-le-Château, il cui parroco Berenger Sauniere ricostruì ed edificò. Non si sa però dove avesse trovato i soldi, lui che era solo un prete di campagna: si narra avesse trovato il Sacro Graal.
Dossier segreti senza alcun fondamento storico danno la discendenza dei Merovingi da Maddalena e Gesù: un segreto che Sauniere avrebbe scoperto.
Nel 1909, a progetto di Rennes-le-Château quasi concluso, il vescovo scoprì che aveva avviato un giro di messe clandestine: ma sarebbero bastate per finanziare un’opera simile? Oppure sono state le frequentazioni a circoli esoterici e personaggi influenti?
Giacobbo entra nella piccola chiesa: il pavimento, a mattonelle quadrate bianche e nere, simboleggerebbe l’appartenenza di Sauniere alla massoneria. I rimandi alla massoneria sarebbero molteplici, al punto che la chiesa esercita un grande fascino e la leggenda la precede.
Giacobbo si reca nel cimitero per introdurre invece Rosazza, la Rennes-le-Château italiana. Anche qui, a un certo punto e negli stessi anni, il parroco Giuseppe Bertolotti iniziò a disporre di enormi somme di denaro. Bertolotti rifiutò persino di spostarsi da Rosazza: un comportamento che fa supporre ci fosse qualcosa di molto importante, per esempio un tesoro nascosto.
La chiesa di Rosazza sarebbe stata costruita dai massoni, tanto che non venne subito consacrata. Sulla volta è rappresentato un cielo stellato.
Federico Rosazza, gran maestro della massoneria di Biella, avrebbe ricostruito la chiesa seguendo le indicazioni che gli arrivavano dall’al di là.
Prima di chiude la puntata, Giacobbo va alla ricerca di simboli massonici pure nel cimitero di Rosazza.
La puntata si conclude qui.