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Queste in sintesi le prime impressioni avute dopo la messa in onda della prima puntata di Boris Giuliano- un poliziotto a Palermo. La miniserie ha debuttato il 23 maggio in prima serata su Rai1 con Adriano Giannini nel ruolo del protagonista e con la regia di Ricky Tognazzi.
Boris Giuliano è stato il capo della Squadra mobile di Palermo e fu assassinato il 21 luglio del 1979. Un commissario brillante i cui metodi investigativi, moderni ed innovativi, successivamente, hanno rappresentato una pietra miliare per la lotta contro la mafia continuata da Falcone e Borsellino.
Ma la sceneggiatura si è soffermata sull’aspetto delle indagini solo quel tanto necessario per rendere credibile l’atmosfera in cui operava il commissario.
Grande rilievo, invece, è stato dato alla vita privata ed affettiva del protagonista più volte ripreso in compagnia della moglie e dei tre figli. Si è voluto presentare Boris Giuliano come un padre affettuoso e presente nella vita dei suoi figli ed un marito amorevole nei confronti della moglie. L’insistenza su questo aspetto molto privato ha determinato, purtroppo, una ripetitività che poteva essere evitata. La sceneggiatura è caduta nella trappola del sentimentalismo e si sono anche sfiorate le atmosfere da telenovela.
Insomma si è avuta la netta sensazione che si sia privilegiata la biografia del protagonista mettendone in evidenza le coraggiose scelte di vita.
Nel ruolo di Boris Giuliano i telespettatori hanno trovato un credibile Adriano Giannini. Si sono notati l’impegno e la dedizione profusi dall’attore nel rendere al meglio il protagonista. E’ stato evidente l’obiettivo, da parte degli sceneggiatori, di voler comunicare un messaggio di legalità e di speranza. La lotta contro Cosa nostra è stata solo apparentemente persa da Boris Giuliano trucidato da Leoluca Bagarella con sette colpi di pistola sparati alle spalle. Appena sufficiente, invece, la prova di Nicole Grimaudo nell’interpretazione della moglie del commissario.
Ottima la recitazione di Manlio Dovì nella parte di Mauro De Mauro il giornalista scomparso nel 1970 sulle cui tracce si mise subito il capo della Squadra mobile di Palermo.
Minore rilevanza, invece, ha avuto la figura di Bruno Contrada che, pur essendo continuamente presente accanto a Boris Giuliano, sembrava relegato in secondo piano. Ci è sembrato che su di lui si sia volutamente glissato per le note vicende che lo hanno riguardato: amico fraterno di Boris fu poi accusato di collusione con la mafia.