Ogni episodio,della durata di un’ora racconta la storia di un detenuto condannato a morte per omicidio. Con questa nuova docu-serie sarà possibile osservare come si vive nel limbo tra la vita e la morte, con una condanna capitale pendente sulla propria testa.
Lo spettatore entrerà in quella particolare sezione delle prigioni chiamata “il braccio della morte” ovvero nella “death row” dei penitenziari degli Stati Uniti, per conoscere ed approfondire la storie di dieci detenuti che aspettano inesorabilmente il giorno della loro esecuzione. Tramite le esclusive testimonianze dei loro amici, dei familiari e dei legali che li hanno assistiti, ne verranno analizzati la vita e i crimini commessi. Saranno ricostruiti i moventi e le intere vicende processuali che li hanno portati ad un passo dal perdere la vita.
I’m A Killer – Nel braccio della morte | Primo episodio
Nel primo episodio si parla di Kenneth Foster, condannato a morte perché guidava l’auto sulla quale fuggì un amico macchiatosi dell’omicidio di un giovane che aveva cercato di derubare. Nello Stato del Texas, dove è avvenuto il delitto, la legge permette di condannare alla pena capitale anche i complici.
Il caso, spinoso e controverso, negli Stati Uniti ha scatenato molte manifestazioni e campagne d’opinione a favore di Foster. I tanti attivisti contro la pena di morte, hanno seguito il caso dichiarando che l’accusato, nero, povero e proveniente da una famiglia disastrata non era in grado di pagarsi dei buoni avvocati. Per questo motivo è stato condannato, altrimenti una buona difesa l’avrebbe di certo scagionato e salvato dalla sentenza fatale.
Kenneth, dopo aver passato del tempo nel braccio della morte, racconta le motivazioni che l’hanno portato a commettere quel crimine e sa di aver sbagliato. Fortunatamente, ora non rischia più la pena capitale (grazie a tutti gli attivisti che si sono mossi per lui) non chiede la libertà, vuole pagare per quello che ha fatto poiché ha permesso al suo amico di uccidere un uomo e di rapinare altre persone, ma vorrebbe una riduzione della pena.
Tra gli altri condannati a morte c’è anche, Miguel Martinez diventato il più giovane detenuto nel braccio della morte del Texas nel 1992, quando aveva 17 anni. Miguel ricostruisce dettagliatamente il caso dal proprio punto di vista, riflettendo sulla propria vita dietro le sbarre in attesa di subire la pena capitale.
Per avere un quadro il più completo possibile, la serie raccoglie le testimonianze anche della parte lesa, ovvero quella legata alla vittima: attraverso interviste ai familiari. Non mancano poi le dichiarazioni di figure importanti delle vicende come i giudici e le forze dell’ordine, che permettono di fornire una diversa prospettiva sull’intera vicenda.