La scorsa puntata era stata un emozionante percorso partito dall’Islanda e arrivato nel bosco di Acquapendente, passando per il Kenya e la Marmolada.
Seguiamo insieme la diretta di questa sera.
In apertura, la presentazione di Licia Colò sull’importanza della preservazione della natura, per garantire la sopravvivenza alla specie umana e al nostro pianeta. Lo fa all’ombra di una quercia millenaria e mostrando un fossile d’ambra, simbolo del programma.
Si parte da Ragogna, in provincia di Udine, per mostrare le bellezze del fiume Tagliamento, l’unico fiume italiano il cui corso non è stato deviato. Chiamato il “re dei fiumi alpini” è proprio il simbolo della natura selvaggia che fa il suo corso.
Nel punto in cui si trova ora Licia Colò, l’alveo raggiunge il chilometro di ampiezza.
Ci sono molte leggende legate ai grifoni, uccelli tipici del luogo. Si diceva, ad esempio, che nell’antichità i grifoni nascondessero tesori. O che i Re utilizzassero i grifoni per capire se il loro cibo fosse avvelenato.
Un’altra leggenda è legata ad Alessandro Magno: si fece costruire una gabbia d’oro, sollevata e trasportata da quattro grifoni per fargli conoscere il suo impero.
Purtroppo, i grifoni sono diventati preda dei cacciatori e sono andati vicini all’estinzione. Grazie agli operatori della Riserva Naturale del Lago di Cornino, ora sono tornati a volare sopra il Tagliamento e a svolgere il loro insostituibile ruolo per l’ecosistema locale.
Il canyon scavato dal ruscello Cellina, nella Valle del Cellina, è un altro straordinario esempio delle bellezze del posto e dell’importanza, anche dal punto di vista delle testimonianze geologiche dell’erosione dell’acqua.
Scendendo a valle, il torrente si interrompe perché lì è stata costruita una diga. Un destino, dunque, diverso da quello del Tagliamento, che invece può scorrere col il suo corso naturale.
Il Lago di Barcis è il lago artificiale che si forma da questa interruzione.
Germania, Parco Nazionale di Hainich, in Turingia. Ospita una delle foreste più grandi, belle e preziose d’Europa.
Quasi totalmente incontaminata, per gran parte della sua estensione. E si trova a poca distanza da dove Martin Lutero avviò la Riforma Protestante.
Più di 100 chilometri quadrati che sono un ritratto molto fedele di com’era quella parte d’Europa prima della forte antropizzazione subìta.
Oggi è visitabile solo grazie ad una passerella in legno a qualche decina di metri d’altezza. Negli anni, alcune porzioni della foresta erano state semi-distrutte per esercitazioni militari e altre azioni antropiche dell’uomo, legate anche alla Guerra Fredda.
Ora, il progetto è quello di lasciare la foresta al suo corso, e da 30 anni si cerca di preservarla dalle ingerenze umane.
Manfred Grossmann è da venti anni il Responsabile della foresta. Racconta di come pian piano ne siano usciti i carrarmati e si sia ricreato un ambiente preziosissimo, la cui ricchezza è paragonabile a quella della Isole Galapagos.
Oggi, tra le altre cose, la foresta è tra le più importanti di una rete di faggeti che comprande anche alcuni boschi in Italia.
L’animale simbolo della foresta è il gatto selvatico, solo apparentemente uguale a quello domestico a cui siamo abituati. È l’animale simbolo della foresta eruropea, e quella di Hainich ne ospita circa 40-50 esemplari.
Licia Colò abbraccia simbolicamente una quercia vecchia di almeno 400 anni. È il suo modo di testimoniare la necessità di ritrovare un certo contatto con la natura, lasciarsene affascinare e capire la necessità di proteggerla.
Niagara – Quando la natura fa spettacolo torna in Kenya, stavolta per seguire i ghepardi, gli animali più veloci al mondo (fino a più di 100 km/h), da poco riconosciuti come specie in estinzione. In natura ne sopravvivono solo circa 7mila esemplari.
Un fotografo naturalista ha seguito Maleika, ghepardo femmina, con i suoi cuccioli per quattro anni.
I ghepardi maschi partecipano solo al concepimento e sono solo le madri a dover accudire i piccoli.
Tra le insidie più grosse nella savana, ci sono senza dubbio i leoni.
Ma, come spesso accade, l’uomo riesce a fare molto peggio. Solo nell’ultimo anno, circa 1200 cuccioli di ghepardo sono stati sottratti alle loro madri per poter essere rivenduti, soprattutto nei paesi del Golfo. La parte ancora più desolante della storia è che molti di questi piccoli muoiono già durante il tragitto, perché prelevati troppo presto.
A poche settimane dalla nascita catturata dal fotografo, uno dei cuccioli muore. Oltretutto, Maleika si ferisce e rischia di non poter più procurare il cibo.
Dopo qualche decina di giorni, la sua ferita si rimargina, ma Maleika deve affrontare un nuovo triste evento: un altro cucciolo viene ucciso, stavolta dai leoni.
Una sorte simile tocca ad altri due piccoli. Uno scompare durante la notte, l’altro viene azzannato dai coccodrilli durante l’attraversamento di un fiume. Rimangono solo due cuccioli dei sei iniziali.
Per qualche tempo, Maleika cerca il cucciolo scomparso durante la notte in tutti gli spostamenti nella Riserva di Masai Mara. Ma lo fa invano.
Dopo circa un anno, per lei è il momento di una nuova cucciolata: nascono in due.
La Biomimetica studia gli animali e il loro comportamento, per provare a carpirne segreti potenzialemente utili anche per gli uomini.
Ne parla il fisico Valerio Rossi Albertini.
Proprio il ghepardo è molto prezioso per capire i segreti della grande velocità che riesce a raggiungere, degli scatti poderosi grazie ai quali riesce a cacciare.
Fornisce indicazioni utilissime, ad esempio, per le macchine da rally o della stabilizzazione delle immagini nei video, come fa la steadycam.
Il ghepardo deve tenere fisso lo sguardo sulla preda e correre senza guardare per terra, provando ad adattarsi automaticamente alle sconnessioni del terreno rimanendo in equilibrio e senza saltellare troppo. Sono caratteristiche come queste a renderlo perfetto per studiare nuove tecniche per il raggiungimento di obiettivi – come quelli appena illustrati – da parte dell’uomo.
Ora Niagara – Quando la natura fa spettcolo, ricorda Jacques Cousteau. Divulgatore, oceanografo, esperto di immersioni, ideatore degli occhiali precursori della moderna maschera subacquea e del primo autorespiratore.
È morto nel 1997, lasciando un’eredità immensa per la conoscenza degli oceani e la salvaguardia dell’ambiente.
A Chernobyl, 32 anni dopo il disastro nulcleare, la natura si sta riprendendo la zona circostante la centrale nucleare, evacuata e rimasta completamente disabitata dal giorno della tragedia.
Alessio Aversa è andato a Pripyat, la cittadina – di 50mila abitanti, considerata una città-modello dell’Unione Sovietica – più vicina alla centrale, lontana solo 3 chilometri.
La città è deserta e il livello di radiazioni è ancora molto alto, ma qui la natura si sta riprendendo i suoi spazi.
Boschi, piante e animali selvatici stanno prendendo il sopravvento sui vecchi palazzi, facendo diventare questa zona un vero laboratorio naturale, interessante per capire come si comporta la natura in queste condizioni.
Maria è una donna che non è mai voluta andare via dalla zona di Chernobyl e vive ancora lì. Dice di non avere alcuna paura delle radiazioni e di preoccuparsi solo degli acciacchi legati all’età che passa.
Intanto, sotto il “sarcofago” – un’enorme cappa di cemento armato e altri materiali, più volte ricostruita per isolare il cuore della centrale nucleare – il reattore continua ad essere attivo. Ci vorranno decenni prima che la radiottività del materiale portato lì per la fissione, possa esaurirsi.
Adesso, il meraviglioso deserto di Piscinas, in Sardegna, lungo la costa sud-occidentale, la Costa Verde.
Un deserto rarissimo in Europa, del tutto simile per conformazione a quello sahariano, con dune alte fino a 100 metri, ma con la particolarità di ospitare la macchia mediterranea. È grande solo poche decine di chilometri quadrati.È nato migliaia di anni fa, da un considerevole e veloce abbassamento del mare ed è stato modellato del maestrale e dal libeccio.
Nella zona, per lunghi anni, sono state attive anche alcune miniere, ma l’uomo – fortunatamente – non è riuscito a distruggere il deserto.
Ancora oggi, degrada fino allo splendido mare della Costa Verde.
Il fotoreporter Luca Bracali, come al solito, chiude la puntata.
Stavolta è andato in Norvegia a caccia dell’aurora boreale.
Un fenomeno che nasce dall’attività di protoni ed elettroni, grazie al lavoro del vento solare e al contatto con vari componenti dell’atmosfera. Un’aurora boreale può durare da pochi minuti a cinque ore.
I primi tentativi vanno a vuoto , a causa del cielo coperto. Al terzo tentativo, però…
La puntata di Niagara – Quando la natura fa spettacolo si chiude com’era iniziata: Licia Colò fa il suo appello alla sensibilità del pubblico, sottolineando quanto sia necessario e, ormai, improrogabile, impegnarsi massicciamente per preservare il nostro ecosistema. Un impegno, oltretutto, ripagato dalle emozioni che la natura sa regalarci.
La puntata di Niagara – Quando la natura fa spettaoclo finisce qui.