{module Pubblicità dentro articolo}
“Ma certamente. Con una totale identificazione in Bianconiglio. Lui ha perennemente problemi di tempo, così vive in simbiosi con un orologio. Anche io e Antonello, dovendo andare in trasmissione la mattina presto, siamo sempre in lotta con ore, minuti, secondi”.
Presta, allora il tempo per leggere dove lo trova, lei che ha decine di impegni oltre che alla radio, dalle sceneggiature come quella per Un medico in famiglia alle messinscene di commedie teatrali?
“Mi ritaglio comunque lo spazio per un impegno che giudico fondamentale come la lettura. Diciamo però che d’estate è più facile”.
Che cosa legge?
“Di tutto, dai libri evocativi di un’epoca al poliziesco, ai classici. La grandezza di uno scrittore è indipendente dal genere letterario che pratica”.
Ma il suo libro del cuore qual è?
“L’idiota di Dostojevski. Un romanzo straordinariamente moderno. La prima volta lo affrontai sui banchi di scuola, il liceo classico Augusto di Roma. Ma è nel novero dei libri che vanno riletti e che, come dicevo, non invecchiano mai”.
Tra gli autori italiani chi predilige?
“Ovviamente Ennio Flaiano, per altro per la sintonia con quello che faccio, che ha sempre una cifra ironica. E poi Buzzati, Calvino, Pontiggia. Nel dopoguerra ci sono stati molti scrittori interessanti. Erano figli di un’Italia diversa. Soprattutto Buzzati mi intriga e lo rileggo spesso. E’ un autore poco esaltato, rispetto per esempio a Moravia, che andava di moda. Del resto Buzzati faceva di tutto per non avere i riflettori addosso e anche per questo mi suscita simpatia come persona. E poi era un intellettuale sui generis: sapeva disegnare, amava l’arte, fu scenografo e costumista. E un grande giornalista al Corriere della Sera dove cominciò con la cronaca”.
Ai suoi due figli poco più che adolescenti, Caterina e Giacomo, che cosa consiglia di leggere?
“I classici. L’Iliade, Don Chisciotte, Shakespeare…Li sprono a partire dagli autori fondamentali, dalle pietre miliari della letteratura. Ma poi fanno di testa loro. Giacomo per esempio ora si sta cimentando con Bukowsky, un autore che ritengo si capisca meglio dopo il periodo scolastico. Ma la scelta deriva da una sorta di ribellione a ciò che la scuola impone di studiare. Lo capirà più tardi”.
Dove tiene i suoi libri?
“Ho due librerie, una nello studio l’altra in soggiorno. Però regna la confusione massima. Mi riprometto sempre di mettere ordine, ma non lo faccio mai. Forse è bello proprio così. Quando per esempio mi chiedo: voglio leggere Saul Bellow, ma dove sarà finito…? Una specie di caccia al tesoro”.
Adesso parliamo di Marco Presta scrittore. Ha firmato tre romanzi e un libro di racconti: Un calcio in bocca fa miracoli, L’allegria degli angoli, Il piantagrane e Il paradosso terrestre. Come ha cominciato?
“Pubblicai i racconti con un piccolo editore. Li lesse Luciana Littizzetto che abbondò in complimenti e mi consigliò di inviarlo alla Einaudi. Che lo ha ripubblicato e ha poi mandato in libreria gli altri titoli. Così mi sono ritrovato ad avere un editore prestigioso e una editor, Dalia Oggero, che mi segue benissimo. Tra un anno uscirà il mio nuovo libro. Intanto, gli altri sono stati apprezzati anche dalla critica”.
{module Pubblicità dentro articolo}
Quando scrive?
“L’estate, la domenica, o incastrando questo impegno con gli altri. Però scrivere per me è un’urgenza, mi piace più di ogni altra cosa, anche del lavoro in radio, che pure mi diverte e che però è stato casuale, perché davvero affrontare la pagina bianca è il mio mestiere”.
Ha conosciuto autori?
“Beh, attraverso l’Einaudi mi capita di incrociare alcuni, anche se non spesso e se sono visto talvolta con sospetto da questi, diciamo, colleghi perché provengo dal mondo dello spettacolo. Invece ho conosciuto bene Andrea Camilleri, che è stato mio insegnante all’Accademia Nazionale di Arte Drammatica. E soprattutto Enrico Vaime, con il quale ho cominciato a lavorare. Da lui ho imparato come si fa l’autore televisivo, che significa impastare i filoni tematici. E lui è un autore a tutto tondo, che scrive davvero e non si limita, come tanti ora, a redigere le scalette”.