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“Praticamente ce lo siamo inventati noi”, ci racconta Zingaretti a proposito del festival. All’epoca infatti, aveva appena girato un documentario come regista, innamorandosi completamente del genere. Da lì il passo è stato breve: “Ero in un agriturismo con un amico, e ci è venuta l’idea. In Italia il documentario è molto poco frequentato: non c’è un giorno o un orario dedicato al genere, ma nemmeno la presentazione generica di un festival. Naturalmente, non sapendo di cosa si tratta, poi la gente non segue: non c’è un pubblico che ama il documentario, ma solo perché non si investe in questo senso“.
Il confronto è con quanto accade al di là delle Alpi. Negli altri paesi, in generale, esiste un mercato e appositi canali tematici: un mercato che certamente non è forte come quello del cinema, ma la cui esistenza è innegabile. “In Italia c’è stato un esperimento di canale dedicato al documentario -ricorda Zingaretti- però non è andato bene: forse ci voleva più tempo”.
L’augurio è perciò che il piccolo schermo, specie il servizio pubblico, si decida a ospitare questi tipo di prodotto. Intanto il Montalbano televisivo apporta il suo contributo con il Pesaro Doc Fest.
E a proposito del commissario di Vigata, sono stati realizzati due nuovi film, riaguardo i quali però il suo inteprete non ha preferito non rialsciare alcuna anticipazione.