Claudia Pandolfi e Claudio Gioè sono tornati a calarsi nei rispettivi ruoli di Padre Gabriel Antinori e della psicologa scettica Claudia Munari. Tra i due serpeggia un sentimento amoroso che cercano di tenere a bada, ma inutilmente. E questo è già il primo ingrediente “pruriginoso” che evoca le lontane atmosfere di “Uccelli di rovo“. Ma fermarsi a tale rudimentale spiegazione per giustificare il gradimento di pubblico conquistato dalla prima stagione della serie, sarebbe riduttivo. Il tredicesimo apostolo mette insieme ingredienti destinati a far presa sul pubblico: l’utopia del guaritore, l’uomo che riesce a far sparire malattie e persino a resuscitare i morti, le stimmate che appaiono sulle mani e sui piedi di una giovane suora, la presenza di entità inquietanti, in un mix di cupe atmosfere gotiche. A volte sembrava di essere capitati in un remake borgataro di Angeli e demoni.
Certo, per la fiction made in Italy il ricorso agli effetti speciali non è mai soddisfacente: nonostante gli sforzi, i risultati sembrano sempre da baraccone delle meraviglie a da festicciola di Carnevale. E, purtroppo, neppure Il tredicesimo apostolo ha fatto eccezione. Un discorso particolare meritano gli ambienti nei quali si muove padre Gabriel: quel lungo tunnel che porta a un cimitero pieno di teschi e che rappresenta una delle sue visioni,ricorda certe “inchieste” di Mistero, il programma di Italia 1. In particolare evocava la “passeggiata” che lo scorso anno fece Jane Alexander nei sotterranei di Parigi completamente ricoperti di teschi umani. E sinceramente, con tutta la migliore volontà di questo mondo, non si riusciva a considerarli parte di una sceneggiatura drammatica.
A proposito della sceneggiatura: gli autori si sono industriati a ingarbugliare al massimo i rapporti tra i personaggi, mettendo in scena tutte le dinamiche di una favola horror. Solo tale, infatti, si può considerare, la storia dell’uomo che guarisce tutte le malattie accumulandole nel proprio corpo fino a “scoppiarne”.
Claudia Pandolfi è una brava attrice e si sforza di conferire alla sua interpretazione una buona dose di credibilità, per quanto sia possibile. Gioè nel ruolo del “bello e impossibile” appare più costruito. Gli altri personaggi recitano un copione prestabilito del quale, spesso, sembra che non siano loro stessi convinti.
Resta un altro discorso da affrontare: la diversa valenza di padre Gabriel rispetto ai preti tradizionali ai quali il grande pubblico è abituato. Padre Gabriel è agli antipodi di Don Matteo, è l’esatto contrario. Il prete in bicicletta è semplice, schematico, familiare, il prete dark è contorto, misterioso, dotato di poteri oscuri. Un discorso che merita un approfondimento maggiore.