Il lavoro di coordinamento di tutti gli attori del cast è riuscito: infatti si evidenziava una recitazione in gran parte credibile. Ma ad uno sguardo più attento vengono fuori alcuni limiti che convivono tra le “eccellenze” esaltate dalla produzione della serie e da una pubblicità martellante. Innanzitutto lo strettissimo dialetto napoletano, appena comprensibile al di fuori dell’hinterland partenopeo, rappresenta un limite per poter comunicare con spettatori abbonati a Sky da Napoli in su. C’è da chiedersi quanto sia stato recepito ad esempio, a Bolzano o Aosta.
Ma sarebbe il male minore, visto che la serie, venduta in 40 paesi nel mondo sarà sottotitolata o doppiata. A colpire come un pugno nello stomaco è stata la violenza e l’efferata ferocia con cui i clan si scontrano in una lotta senza quartiere. E’ vero che siamo su una tv pay e non generalista, ma l’impatto è davvero macabro: morti ammazzati come moscerini su un vetro, sangue che sprizza e si espande su quanto incontra sulla sua strada, corpi dilaniati in un gran guignol senza fine, spari a raffica in un susseguirsi estenuante: il telespettatore non attende che l’esaurirsi delle munizioni che sembrano infinite. Solo nella prima puntata i morti ammazzati non hanno un numero preciso perchè impossibile contarli. Al di là della veridicità o meno della vicenda, questo susseguirsi di ferocia, a volte davvero gratuita, è difficile da sopportare. Il tentativo di cambiar canale si insinua scena dopo scena, nell’anino dello spettatore col cuore in gola. Qualcuno, infatti, sarà rimasto disgustato.
Nonostante tutto, si avverte una sorta di prevedibilità nella sceneggaitura e nel susseguirsi degli eventi. Tutto appare come scritto in un copione già visto e recitato in altre fiction: una per tutte “Il clan dei camorristi” andata in onda lo scorso gennaio su Canale 5, La stessa violenza si ritrova in Gomorra. Una violenza che si consuma in atmosfere buie, tetre. Gli unici tocchi di colore si trovano nelle scene girate in esterna, alla luce del giorno.
Non sembra particolarmente riuscita l’ambientazione nel contesto territoriale e ambientale. Non bastano, in proposito, qualche inquadratura di un cippo con su scritto Benvenuti a Scampia e le immagini delle famigerate Vele (palazzi dalla particolare forma), alcuni dei quali, tra l’altro, sono in fase di demolizione. Manca la reale documentazione del degrado umano che è all’origine di tante devianze, soprattutto giovanili. Sono, invece, ben caratterizzati nella loro violenza, quasi tutti gli esponenti dei clan camorristici.