La Danimarca, vincitrice dell’Eurovision 2013, ha ospitato come da regolamento quest’ultima edizione e ha messo in piedi uno spettacolo davvero pirotecnico e godibile. Ventisei le nazioni in gara, altrettante le canzoni che sono state presentate allo sterminato pubblico europeo.
La prima a esibirsi è stata Mariya Yaremchuk (Ucraina) con Tick-Tock: la ricorderemo per qualche giorno come la performance con l’uomo-criceto alle spalle. Sono seguiti poi Teo (Bielorussia) con Cheesecake, canzoncina senza alcuna pretesa, e Dilara Kazimova (Azerbaijan) che ha cantato Start A Fire, la prima ballad della serata dall’effetto soporifero. I colorati Pollapönk (Islanda) hanno restituito ritmo e strappato qualche sorriso con la loro No Prejudice. Il norvegese Carl Espen invece ha portato sul palco la deprimente malinconia della sua terra con Silent Storm. Dalla Romania Paula Selling & OVI propongono Miracle, un pezzo dance con una buona linea melodica.
Un aspetto molto apprezzato dal pubblico italiano è stata la rapida successione con cui si sono susseguite le esibizioni dei concorrenti, abituati come siamo ai ritmi di manifestazioni quali Sanremo. La gara è andata avanti con Aram MP3 (Armenia) che ha cantato Not Alone, canzone decisamente trascurabile eppure apprezzata al momento delle votazioni. Da Montenegro Sergej Ćetković e la sua Moj Svijet fanno ripiombare nel sonno; le polacche Donatan e Cleo invece sono le prime esponenti del trash che ogni anno, in misura più o meno abbondante, popola l’Eurovision. Dalla Grecia Freaky Fortune feat. Riskyidd hanno trasformato la location in una discoteca con Rise Up, pezzo abbastanza tamarro. Dall’Austria arriva invece il personaggio più discusso di questa edizione: si tratta di Conchita Wurst, la drag queen barbuta che canta di una rinascita in Rise Like A Phoenix. La performance è molto essenziale e incentrata sulla sua potente vocalità. Dopo di lei salgono sul palco le Elaiza, gruppo femminile tedesco, con Is It Right?, brano tra pop e folk.
Si continua con la bellissima Sanna Nielsen (Svezia) che propone Undo, ballatona che ricorda molto da vicino Céline Dion. Eleganza e grande voce sono le sue peculiarità. I nostri cugini francesi invece sono i grandi sconfitti della competizione: i Twin Twin infatti con la loro demenziale Moustache si sono classificati ultimi nella graduatoria finale. Le gemelline russe Tolmachevy Sisters ci hanno provato con Shine e, nonostante i fischi riservati simbolicamente dal pubblico europeo al loro leader Putin per i recenti episodi politici e di intolleranza verso la comunità omosessuale, sono riuscite a posizionarsi tra le prime 10.
È poi finalmente arrivato il momento della nostra Emma, in gara con La mia città. Vestita da imperatrice romana ha dato vita ad una performance molto grintosa, com’è nel suo stile, e ha dimostrato di saper tenere il palco meglio di molti artisti esibitisi prima di lei. Forse però l’immagine aggressiva e il brano che poco ha a che fare con la tradizione melodica italiana che il mondo conosce hanno spiazzato il pubblico europeo, che l’anno scorso aveva visto un lato più semplice e meno artefatto con Marco Mengoni. La star di casa nostra, comprensibilmente emozionata, ha avuto qualche problema in termini di fiato durante l’esibizione. Per la Slovenia è scesa in campo Tinkara Kovač con Round And Round, buon brano d’atmosfera che però è arrivato solo penultimo. I finlandesi Softengine hanno scosso la platea con il loro rock al ritmo di Something Better. Ruth Lorenzo (Spagna) ha eseguito Dancing In The Rain, pezzo creato per esibire l’estensione vocale. Lo svizzero Sebalter invece ha portato in gara Hunter Of Stars: faccia da bravo ragazzo, canzone dal sapore popolare ha divertito anche grazie al suo fischiettare. L’Ungheria ha scelto András Kállay-Saunders che ha traghettato il suo Paese fino al quinto posto con Running. A rappresentare Malta ci ha pensato la folk band dei Firelight con Coming Home, mentre i padroni di casa danesi si sono affidati a Basim, il cui timbro ricorda quello di Bruno Mars. Un brano squisitamente pop e adolescenziale la sua Cliche Love Song. Gli olandesi The Common Linnets (secondi classificati) hanno optato per il sound country-pop di Calm After The Storm, la cui base però sembrava Every Breath You Take. Valentina Monetta (San Marino) ha portato un brano privo di qualsiasi interesse intitolato Maybe. Chiude Molly per il Regno Unito con Children Of The Universe.
Archiviate tutte le esibizioni è scattato il momento delle votazioni, che hanno riservato qualche sorpresa e confermato alcune certezze, come la famosa “lobby scandinava”. L’Italia è stata trattata più duramente del solito e ha totalizzato solo 33 punti, il peggior piazzamento del nostro Paese nella storia della competizione. Emma si è infatti classificata al ventunesimo posto. Nei piani alti della graduatoria è stato un testa a testa tra Olanda e Austria, ma alla fine – con 290 punti – ha vinto Conchita Wurst, la drag austriaca che ha condiviso il podio con The Common Linnets e la svedese Sanna Nielsen. Sicuramente una vittoria simbolica più che musicale, un segnale forte da parte della comunità LGBT che rivendica il riconoscimento dei propri diritti in un’Europa ancora troppo omofoba. Appuntamento quindi in Austria, per l’edizione 2015 dell’Eurovision Song Contest.