Partiamo da un dato personale: la conoscenza che mi lega a Raffaella Carrà. Di lei si sono tracciati mille profili, sempre lusinghieri. Ma è la nostra amicizia a farmi sottolineare, oltre le sue conclamate doti artistiche, confermate da un’intera carriera, la sua profonda serietà e soprattutto la sua attenzione alla qualità del prodotto televisivo. Sono stato più volte testimone dei suoi rifiuti di accettare di lavorare in format di cui non era completamente convinta, anche a costo di notevoli sacrifici finanziari. Per non parlare del fatto che le sue rarissime partecipazioni in spot pubblicitari sono state sempre condizionate alla convinzione di promuovere un prodotto valido e veramente utile per il pubblico.
Questa sua impostazione è emersa con assoluta chiarezza nella conversazione che ha accettato di tenere nel 2004 al Rotary Club di Roma, di cui ero il presidente, unica eccezione di fronte ai mille dinieghi di presenziare a eventi vari. E venne perché le era piaciuto il tema che avevamo scelto: “Lo spettacolo, un lavoro di cuore ma soprattutto di testa”. E in fatto di testa la Carrà non è seconda a nessuno, anche a costo di sopportare lunghe attese tra una prestazione e l’altra in attesa che le si proponga uno spettacolo veramente valido in tutte le sue componenti.
E ora torniamo a The Voice. Questo programma funziona perché ci sono forti elementi di qualità.
Un primo dato positivo è il livello delle performance dei partecipanti. E’ una gara vera alla ricerca di nuovi talenti. E’ esattamente il contrario della famosa “Corrida” dell’indimenticabile Corrado. Non a caso quella aveva come sottotitolo “dilettanti allo sbaraglio” ed ogni esibizione si concludeva con il suono di campanacci e con il lancio di ortaggi. Qui invece i cantanti – giovani e meno giovani – esprimono attitudini di canto e capacità di tenere il palcoscenico di tutto rispetto, a volte persino eccezionali. C’è l’attenzione dei coach: oltre la stessa Carrà, un Piero Pelù tanto luciferino nel taglio della barba quanto attento e persino affettuoso nel rapporto con il concorrenti, un Riccardo Cocciante dalle riconosciute qualità umane e paziente nel trasmettere la sua esperienza di fondatore dell’opera contemporanea, e infine Noemi, componente giovane del gruppo capace di esprimere autorevolezza e insieme affinità con le giovani leve.
C’è poi la meticolosa preparazione che precede le esibizioni. C’è anche il conflitto leale ma nel contempo collaborativo che si stabilisce nei duetti. Ebbene, tutti questi ingredienti sono tali da legare al teleschermo anche persone non particolarmente appassionate alla musica contemporanea, ma comunque sensibili allo sforzo sincero dei cantanti di dare il meglio di sé con esibizioni veramente di alto livello. La riprova di ciò è data dal fatto che molte volte gli stessi coach che devono fare la scelta su chi far proseguire nella gara appaiono e sono tormentanti dal dubbio su chi scegliere in coscienza.
Un altro elemento è d’ordine generale e in certo modo si intreccia con l’attuale situazione del Paese. Infatti, questo spettacolo ci conferma, in modo evidente, la ricchezza delle nostre risorse umane, professionali, artistiche. Basta scavare nel terreno della nostra società reale, basta usare un po’ di amorevolezza nell’innaffiare qualche virgulto promettente e si ha l’impressione che si possa squadernare un intero campo di piante, di fiori e di frutti che possono persino farci pensare all’antico mito biblico della Valle dell’Eden. E questo apre a una grande speranza: quella di offrire un futuro a tanti giovani portatori ciascuno di grandi talenti, non solo ovviamente nel campo musicale, ma per analogia in tutti i settori della vita, in tutte le professioni, in tutte – usiamo la giusta parola – le “vocazioni”. Non tutti saranno ovviamente maestri nel canto, ma davvero tutti potranno dare il meglio di sé e fare esclamare a chi è un po’ più in là negli anni: ma quali splendide cose si possono ricavare dalle nuove generazioni che via via si presentano sulla faccia della Terra.
Forse è un po’ troppo vedere tutte queste cose, tutte queste speranze in uno spettacolo televisivo? Può essere. Ma in ogni caso, l’occasione per essere investiti dalla prorompente vitalità delle nuove leve è un’esperienza che ci dà la fiducia per superare il plumbeo grigiore del presente che investi soprattutto proprio i giovani.
Grazie dunque a Raffaella e ai suoi amici e colleghi, agli ideatori e agli autori di questo spettacolo per il fatto di richiamarci questa speranza dovuta al loro tenace impegno a dissotterrare i talenti nascosti pronti a manifestarsi al meglio delle loro capacità. Per cui, diciamolo pure, qualche volta l’Auditel premia programmi utili per il riscatto del nostro travagliato Paese.