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Allora gli angeli non potevano mancare come filo conduttore di una delle dieci puntate di “Storie dell’arte” che eroicamente Marco Baliani (eroicamente sì, perché affronta un argomento, quello del nostro patrimonio artistico, che continua a essere sommerso nei mass media) propone ogni sabato per mezz’ora in prima serata su Rai5 (ore 20,45). Ieri l’attore e regista, che è autore dei testi della trasmissione, era al quarto appuntamento con gli spettatori. Nelle tre puntate precedenti aveva affrontato i temi della madre (partendo dalla serena ed enigmatica Madonna del Parto di Piero della Francesca), del dolore (con il Cristo morto del Mantegna commentato da un ospite eccellente, Ermanno Olmi), dello specchio (con il paradossale accostamento di Borges alla copula, “perché come lo specchio moltiplica gli uomini).
Ma la puntata di ieri ci è parsa davvero speciale, e funzionale a quanto Baliani ha scritto nella propria pagina Facebook: “Mi propongo di usare l’arte come trampolino di pensieri” E infatti ha aperto e chiuso la trasmissione recitando versi di Rilke, dalle “Elegie duinesi”. “Rilke è poeta degli angeli”, dice Baliani, di quel soprannaturale e inconsistente, che lievita sopra di noi, che è e fluisce come la musica, senza bisogno di avere un nome, di venire nominato, appunto.
Per questo Baliani è partito, visivamente, dall’angelo che suona il violino nel “Riposo durante la fuga in Egitto” di Caravaggio, conservato alla Galleria Doria Pamphili di Roma. Alla materialità e alla fisicità teatrale dei personaggi del “pittore maledetto” ha poi avvicinato la pura luce degli angeli di Pietro Cavallini, nel “Giudizio universale” della capitolina basilica di Santa Cecilia (curiosa coincidenza: anche Vittorio Sgarbi, nel suo settimanale spazio all’interno di “Virus”, il talk di Nicola Porro, ha analizzato, con la solita cifra anticonformistica, lo stesso dipinto del Merisi e subito dopo ha evocato il Cristo del Cavallini).
Ma poi, inseguendo con incalzante ritmo il fil rouge degli accostamenti e delle idee, Baliani ha evocato le “Annunciazioni” dalle umanistiche geometrie del Beato Angelico e soprattutto l’Angelus Novus di Paul Klee, una figura ironica, sfilacciata come il terribile 1940 in cui la dipinse, “impotente” nella furia del mondo nazista eppure segno di quello che dovremmo essere e non siamo. Per questo l’Angelus Novus piacque tanto a Walter Benjamin, che se lo comprò e ci scrisse sopra pensieri profondi sull’essere e sulla storia, prima di finire suicida durante la fuga , lui ebreo, dalla Francia invasa da Hitler.
Immagini, queste dell’esodo forzato dell’intellettuale, restituite in bianco e nero dalle finestre biografiche che impreziosiscono il programma, come camei stringati e significativi al tempo stesso. L’ultima citazione è andata a “Il cielo sopra Berlino”, il film di Wim Wenders ispirato ai versi di Rilke, nel quale angeli sprovveduti, anch’essi impotenti, scendono sulla terra. Commovente la sequenza mostrata, allorché l’angelo Bruno Ganz, camminando nelle strade di Berlino scopre i colori. E chiede di tutti il nome, “non tanto per saperlo – ha notato Baliani – ma per il piacere di pronunciarlo”, di sentire il suono, il fluire, la musica. Già, la musica, come quel Cantico dei Cantici che l’angelo della caravaggesca Fuga in Egitto ha permesso di evocare a inizio trasmissione.
Ebbene, il piccolo miracolo di Baliani è riuscito anche ieri sera: emulsionare conoscenza e coscienza. Attendiamo le prossime puntate (dedicate a Il colore rosso, Due, Venere, Il corpo, L’eroe, Il sorriso, La città) e speriamo , come auspicato dal ministro per i Beni Culturali Dario Franceschini, che l’Arte e la cultura invadano anche le reti generaliste, meglio ancora se in prima serata. La tv darebbe conto di una ricchezza tutta italiana, l’atout che servirebbe – se solo chi ci governa lo capisse e agisse invece di limitarsi a parlare – per farci uscire dal presente degrado politico, civile ed economico.