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E pensare che prima del successo del suo film “La mafia uccide solo d’estate”, Pif era una simpatica presenza in video, intelligente, tagliente e con il piglio di chi sa dove vuole andare a parare. Tutta colpa del successo? La domanda non è retorica e la risposta è affermativa anche se il “colpevole” da questa overdose di Pif, non è solo il successo.
Facciamo un passo indietro e riassumiamo le puntate precedenti del tormentone Pif in tv.
Il ragazzo nasce bene, è figlio d’arte (suo padre era un regista), ha sangue siciliano, viso scolpito, bel corpo e sale in zucca. Tanto che presto diventa un nome interessante nel mondo del cinema e della tv. Fa l’aiuto regista di Marco Tullio Giordana per “I cento passi” ed entra a Mediaset come autore. Bastano poche stagioni per farlo andare anche in video, ha la classica faccia da mascalzone buono e piace alle donne.
Diventa anche inviato delle “Iene” e questo dilata la sua notorietà. Di lì a poco, Mtv se lo prende come nuovo volto tv e nel 2012 il nostro Pif, che di nome vero fa Pierfrancesco Diliberto, si guadagna anche l’apposizione di scrittore firmando un racconto “Sarà stata una fuga di gas” all’interno di un libro commemorativo per la strage di Falcone e Borsellino.
{module Google richiamo interno} Poi esce il film, “La mafia uccide solo d’estate”, che ha riempito le sale e si è guadagnato non pochi premi per la cifra stilistica insolita (sbeffeggiare la mafia coprendola di ridicolo).
E qui comincia il Calvario per noi spettatori: lo chiamano tutti, presenta l’anteprima del Festival di Sanremo (21014) senza regalare risate o emozioni; lo vuole come testimonial un’importante azienda di telefonia mobile facendolo ballare un improbabile tango, parlare con persone anziane, bighellonare per Roma fra suore e passanti, salire sui tetti. Spot, spot, spot: una raffica ogni giorno e senza un perché.
E allora, come si diceva prima, è colpa solo del successo se Pif è diventato insopportabile a molti? No, in gioco c’è anche l’ingordigia, che porta a firmare contratti molto pingui e a cavalcare la notorietà, bruciandosi. È già successo a molti artisti in passato, incapaci di frenare gli appetiti da conto corrente. Carriere fulminate dall’eccesso di presenza in tv.
Così, la paura di Pif dichiarata in un’intervista all’Espresso – «Basta che non mi ritrovo a passare da giovane promessa a solito stronzo, come diceva Alberto Arbasino» – rischia di essere stata una profezia. Peccato, perché il ragazzo, ormai 42enne, ha talento e fisico. Avrebbe potuto rinnovare il panorama invecchiato di attori e conduttori. Avrebbe potuto regalarci altre inchieste intelligenti e divertenti. Avrebbe potuto fare molto. E invece noi, quando lo vediamo in tv, satolli, anche un po’ disgustati, giriamo subito canale e pensiamo ai tanti volti noti, dagli chef agli attori, che vendono la propria anima al diavolo della pubblicità. Che diavolo non sarebbe, se si fosse in grado di dire talvolta: «No, grazie».