Partiamo dal precedente storico. L’attenzione dei media, del mondo politico e dei social si è fermato su Gene Gnocchi qualche settimana fa, quando parlando di un maiale beccato a Roma tra i rifiuti, il comico paragonò l’animale a Claretta Petacci. Il mondo della destra tutto è insorto, in quanto la donna morì con l’unica colpa di essere la compagna del dittatore Mussolini.
Ma veniamo all’odierna performance. Nulla di nuovo nel primo blocco di Gene Gnocchi. Sono le 21.45 quando il comico si collega con lo studio iniziando dalla battuta legata alle aspirazioni nucleari di Kim Jong-un. A seguire mette in vendita le sue tradizionali magliette, con frasi su misura per politici e sindacalisti.
Nonostante le risa (eccessive ndr) ripetute di Giovanni Floris in studio, bisogna ammettere che manca il graffio vincente. Nemmeno la battuta su Matteo Salvini e le sue ciabatte, rigorosamente tutte e due di destra, permettono allo sketch di decollare. Presa di mira anche Elsa Fornero e tutti gli altri ospiti in studio.
A peggiorare la situazione poi l’arrivo al suo fianco di uno “hater” che di fatto si sovrappone a lui pronunciando parolacce e insulti. Troppo spesso si pensa che la comicità possa decollare con l’utilizzo di termini volgari e parolacce, ma in realtà raramente si centra l’obiettivo in questo modo.
Il secondo blocco si apre subito dopo la pubblicità e l’ospitata di Giorgia Meloni. Si inizia a prendere in giro i politici e le sciocchezze che sostengono in questa campagna elettorale. “Inventata” anche una app di scommesse. Un po’ di originalità nella battuta dei gratti e vinci, organizzati dal ministero per sostituire le schede elettorali ed evitare l’astensionismo.
Politico centrico tutto il monologo, con riferimenti a Matteo Renzi e ai sondaggi elettorali anche quando si apre l’orizzonte all’attualità con il lancio di un’auto nello spazio. Poco convincente anche la decisione di dividere la performance di Gene Gnocchi in più tronconi; qui però la responsabilità non è del comico ma bensì degli autori.
Il passo indietro rispetto alle precedenti edizioni è palese. Assolutamente impresentabile il confronto con le copertine di Maurizio Crozza, capace sempre di colpire nel segno con la sua ironia e le sue imitazioni, puntata dopo puntata si arriva a rimpiangere persino le performance di Luca e Paolo dello scorso anno. Onestamente il palcoscenico di Quinta Colonna era più adatto al comico emiliano.