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Le pratiche sociali stanno cambiando i media, esordisce il professore Alberto Marinelli. Per coprodurre senso, perché il desiderio di partecipazione porta a creare contenuti da parte del pubblico, occorre ideare format che creino occasione di discussione. Per spingere qualcuno a scrivere, questo si deve “affezionare”; per ogni persona che scrive, vale la regola per cui 9 persone aggiungono ai preferiti e rilanciano il twit, e 90 si limitano a leggere.
La parola passa a Marianna Aprile, giornalista di Oggi e conduttrice la scorsa estate dle programma di Rai Tre Millennium. Nella trasmissione era stata pensata la presenza di “twittaroli” come voce della narrazione in studio. Per una serie di problemi legati al fatto che le tre giornaliste fossero esordienti in quanto a conduzione, l’esperimento non ha trovato la rilevanza secondo le intenzioni reali. L’idea iniziale era quella di ricreare in studio il divano di casa. Durante la diretta, a dimostrazione di quanto i due mezzi si compenetrino, si era verificato un episodio particolare: stanco di aspettare che gli si desse la parola durante l suo collegamento, Salvini aveva twittato che se ne sarebbe andato. La Aprile, accortasi dell’avvertimento, aveva così potuto avvertire le colleghe.
Discorso diverso per la radio, che teme meno i giudizi impietosi degli utenti su Twitter. Rosa Polacco di Radio 3 racconta come gli ascoltatori siano fonti: gli ascoltatori hanno una competenza che a volte eguaglia quella degli ospiti, perciò si dà loro modo di partecipare intervenendo. Una competenza che a volte causa imbarazzo, in quanto permette loro di “bacchettare” la redazione.Col tempo si è creata una rete una community di ascoltatori fedeli: da una confronto con Radio Deejay, è emerso che pu avendo un numero minore di follower, le interazioni sono maggiori.
Prende poi la parola Antonella Di Lazzaro, di Twitter Italia : un tweet viaggia ben al di là della piattaforma, la vita dell’opinione espressa va oltre. Può essere riportato da latri media. Il motivo per cui nell’82% viene utilizzato riguardo alla tv perché la televisione è da sempre una conversazione condivisa, e non è raro che ci si sintonizzi dopo aver letto dei tweet. Qual è allora il fattore di conversione di questa attività? Ancora non si sa, ma per lo studio Nielsen un incremento dei tweet corrisponde a un aumento delle audience. Inoltre è verificato che generalmente, chi twitta segue il programma fino alla fine, segno che l’attenzine è alta.
In conclusione, il media analyst Antonio Pavolini osserva che, in fin dei conti, i social ci stanno restituendo la cultura televisiva degli utlimi 30 anni, basata sull’arroganza e il narcisismo. Nonostante l’ampia diffusione, i social sono ancora visti con pregiudizio, proprio perché restituendo la cultura televisiva non se ne comprende fino in fondo l’utilità.