{module Banner sotto articoli}
Ilan è morto a causa delle feroci percosse ricevute. Tutti coloro che hanno contribuito al rapimento, dal capo della banda alla giovane che lo ha adescato, sono in galera. Ma il tempo non ha lenito la sofferenza e ha spinto la madre Ruth a scrivere un libro (“24 jours, la vérité sur l’affaire Ilan Halimi”) da cui è stato tratto il film del regista francese Alexandre Arcady.
“Il dramma di Ilan è che è stato rapito ma, soprattutto, torturato per 24 giorni da giovani fra i 17 e i 23 anni, di tante nazionalità: un portoghese, un bretone, un marocchino, un egiziano, uno dell’Africa nera” ha raccontato la madre nella conferenza stampa.
“Alcuni lo nutrivano ma la maggior parte lo ha torturato gratuitamente. Perché? La risposta è semplice: non sarebbe accaduto se non fosse stato ebreo. Ora è importante essere vigili – ha concluso la donna – anche fare azioni repressive ma, soprattutto, insegnare ai giovani che il miglior modo per procurarsi il denaro è lavorare e che non si può uccidere né torturare nessuno”. Il riferimento al denaro nasce dalla richiesta di riscatto fatta dai rapitori, inizialmente di 450mila euro fino a scendere, mano a mano, a soli 5.000 attraverso quasi 700 chiamate telefoniche fatte ai familiari di Ilan.
La pellicola anche se scevra di scene violente, è un pugno nello stomaco: il regista trasmette allo spettatore l’ansia, l’angoscia dei primi momenti, le false speranze, fino alla disperazione finale quando Ilan viene trovato per caso da una donna che passa in auto, nudo e con i segni delle torture subite addosso. I
lLa realizzazione della serata è nata su impulso dell’associazione “Progetto Dreyfus” che si batte contro l’antisemitismo, il fondamentalismo e qualsiasi tipo di discriminazione.
Alex Zarfati dice: “Quello che è successo nel 2006 a Parigi è assurdo, soprattutto perché l’elemento antisemitico inizialmente è stato sottovalutato e tenuto nascosto. E’ l’elemento che consente di collegare il film a fatti di attualità. Perché – si chiede Zarfati – la mobilitazione che ha fatto seguito agli ultimi fatti di Parigi (Charlie Hebdo, ndr) non è seguita alla morte di Ilan? Episodi antisemiti ce ne sono stati parecchi in Francia e in tutta Europa negli ultimi anni, altri ragazzi come Ilan sono stati rapiti e torturati anche se, per fortuna, non sono morti. Dalla vicenda di Ilan parte tutto, se non l’avessimo sottovalutata, forse, ci saremmo già dotati di strumenti adatti”.
La serata speciale di “Virus” è stata voluta dal direttore generale della Rai Luigi Gubitosi e dal direttore di Raidue Angelo Teodoli che sottonea: “la rete è impegnata contro i fondamentalismi da tempo, in particolare con ‘Virus’. Abbiamo capito che c’era molto da dire con una serata come quella che stiamo per fare”.
Nicola Porro sottolinea: “cose simili sono avvenute anche a Roma e ovunque, non possiamo chiudere gli occhi”.
Per un amaro gioco del destino, a Parigi è stata danneggiata la placca che commemora Ilan nel quartiere di Bagneux dove si sono svolti i fatti.
“Credo si tratti si una sfortunata coincidenza, dice il regista. Dobbiamo guardare le cose in faccia. Arcady conclude ammettendo che “il film è stato prodotto in condizioni difficili, senza appoggio della tv pubblica francese né di Canal+ e dei media francesi, si è cercato di mettere quello che era accaduto sotto il tappeto”. Anche perché, almeno stando al film, la polizia in questo caso non ha fatto un gran figura.