{module Google ads}
Dopo l’anteprima, si parte proprio dalla figura di Bergoglio. Siamo nel 1977, quando il futuro Papa sta aspettando Gonzalo Mosca, giovane soldato uruguyanano ricercato dall’esercito per via delle sue idee politiche. Gonzalo era stato messo in contatto con il religioso dal fratello prete: Bergoglio guida per 50 chilometri, per accompagnare il ragazzo in un posto sicuro, il collegio di San Miguel, da cui poi continuare la fuga. Per narrare l’accaduto al pubblico, Giacobbo si “lancia” in auto per le strade di Buenos Aires, quasi ad evocare atmosfere da 007 in fuga.
Si passa quindi alla storia della famiglia di Papa Francesco, arrivata in Argentina per riunirsi. Erano originari di Asti, e il Papa considera il dialetto piemontese il suono della sua infanzia.
La narrazione di Giacobbo intanto, prosegue in metropolitana, cioè il mezzo utilizzato spesso da Bergoglio per spostarsi. Suo segno distintivo infatti, sono state sempre la vicinanza alla gente e il rifiuto di qualsisasi ostentazione.
Giacobbo conosce quindi un uomo che lo ha conosciuto da vicino ai tempi in cui era rettore del collegio nella diocesi di San Miguel: anche all’epoca era sobrio, perciò le sue scelte una volta divenuto Papa, non hanno sorpreso chi già gli era stato accanto in precedenza. Vediamo anche la stanza di padre Bergoglio, dove è rimasta ancora una foto appesa alla parete.
Appena eletto al soglio pontificio, un giornalista argentino ha sostenuto che Bergoglio avesse appoggiato il regime lasciandogli improgionare due gesuiti. In realtà secondo le più recenti dichiarazioni di uno degli interessati (l’altro è morto), il pontefice non avrebbe assolutamente favorito l’arresto, avvenuto per altri motivi; avrebbe invece avuto un ruolo determinante nella liberazione. “C’era da scommetterci”, chiosa Giacobbo.
Il programma si occupa poi della “lista Bergoglio”, cioè una lista di persone aiutate a uscire dal Paese per fuggire dalla dittatura.
A questo punto, naturalmente, la puntata vira su Juan Peròn, dietro cui si potrebbe nascondere l’identità dell’emigrante sardo Giovanni Piras. Per entrare all’Accademia militare, secondo alcune fonti, il ragazzo avrebbe infatti falsificato la sua identità. Il primo ad occuparsi del mistero, è stato il giornalista sardo nel 1951: dopo aver pubblicato due articoli al riguardo, sarebbe stato minacciato al punto tale di non scrivere più niente.
A sancire il legame, sarebbe l’anello che Peròn indossava sempre: le iniziali M.M incise, potrebbero essere quelle della madre di Giovanni Piras. Quando il giovane stava partendo, la madre gli aveva regalato un anello da vendere in caso di necessità, per potersi pagare il biglietto di ritono. Purtroppo però, chiarisce uno studioso, non esiste alcuna prova reale che avvalori l’iptesi per cui i due anelli siano lo stesso oggetto.
Piano piano, com’era da aspettarsi, cadono una per una tutte le ipotesi: anche la scrittura non era la stessa. Rimane solo un’intervista concessa ad Epoca in cui Peròn affermava di avere un forte istinto di vendetta come i sardi: pur essendo argentino da tre generazioni, dichiarava, la sua origine era sarda.
Giacobbo ricorda la violenta finale del 1969 Milan-Estudiantes. Rimanendo in ambito sportivo, la tragica storia della squadra La Plata Rugby club: uccisi uno per uno tra una partita e l’altra, solo il giocatore Raul Barandiaran è stato risparmiato dalla violenza del regime. Giacobbo lo incontra: se è vivo, dice, è perché a differenza dei suoi comapgni ha avuto paura.
Ma perché solo i ragazzi del rugby erano stati puniti per il loro messaggio politico? Probabilmente perché meno famosi, e dunque protetti, rispetto ai calciatori.
Per ristabilire il giusto tenore del programma, arrivato fin qui senza fiatone e permessi speciali, ecco dunque i sosia di Elvis Presley e le teorie sulla sua morte che non sarebbe tale. Secondo qualche fanatico della star, Elvis è ancora vivo e potrebbe vivere a Buenos Aires: addirittura un intervistato sostiene di aver potuto confrontare il dna del cantante con quello del corpo seppellito.
Il viaggio di Giacobbo si sposta a 3mila chilometri dalla capitale argentina per approdare in Patagonia. Con invidiabile nonchalance, la trasmissione passa dal tizio che si è procurato il dna d Elvis ai sottomarini nazisti. Il conduttore sta seguendo le tracce di un sottomarino approdato in luoghi sicuri: probabilmente a bordo vi si trovavano dei gerachi nazisti, se non lo stesso Hitler.
Sferzata da venti potenti, luogo di terra selvaggia e clima proibitivo, il conduttore racconta che Magellano non tornò indietro dalla sua spedizione. Bigafetta, sopravvissuto al “primo viaggio intorno al mondo”, ha lasciato testimonianza di creature gigantesche: l’altezza della popolazione della Patagonia lo aveva impressionato.
I vari viaggiatori hanno descritto la popolazione come composta da veri e propri giganti: le testimonianze arrivate fino a noi riportano altezze di 2, 3 metri. Anche la Bibbia ne parlerebbe.
Ebbene: è possibile tutto questo?, si chiede il buon Giacobbo. Entra quindi in gioco una bolla spazio-temporale in cui si sarebbero incontrati gli ultimi dinosauri, prima che il meteorite li estinguesse, e questi uomini dalle dimensioni impressionanti. In Patagonia ci sarebbero delle pietre Ica in cui sono presenti le tracce di uomini e dinosauri, anche se la loro originalità è alquanto improbabile dato che “ci sono dei disegni che non ci dovrebbero essere”.
Si fa perciò strada un’altra domanda: i gradini alti dei tempi in Sud America sono forse la prova che sia esistita una specie umana proveniente da un’altra genìa?
Infine, il Perito Moreno, ghiacciaio da cui Giacobbo prima esulta per lo scioglimento di un blocco in diretta, poi ci illumina sulla leggenda del mostro di Loch Ness.
La puntata si conclude qui; l’appuntamento è per lunedì prossimo.