Lo schema del programma oramai è noto: quattro coppie di vip di casa nostra vivranno e collaboreranno, per quindici giorni, con i volontari impegnati nelle missioni umanitarie in Mali, sud del Sudan e Congo. Tornati in Italia, questi vip racconteranno, dinanzi alle telecamere del programma, la loro esperienza e discuteranno su tematiche ad essa legate.
Non il classico reality con concorrenti, televoti ed esclusioni dunque, ma piuttosto una sintesi tra reality e documentario nel quale, fino ad ora, saranno impegnati Michele Cucuzza, Barbara De Rossi, Al Bano ed Emanuele Filiberto.
Il programma è stato prodotto in collaborazione con l’Alto Commissariato per i Rifugiati (Unhcr) e con l’ong Intersos, eppure è proprio dalla associazioni umanitarie che è stato criticato aspramente. Le accuse sono: spettacolarizzazione del dolore e del disagio dei campi per fare ascolti.
E’ sui siti che si occupano di no profit e volontariato che si possono leggere i commenti più aspri, in quanto provenienti da persone coinvolte in prima persona; per la maggior parte operatori umanitari indignati da un’operazione con cui, a loro dire, un paese che vanta il reato d’immigrazione si laverebbe la coscienza.
C’è però chi, al di là del giudizio morale, si interroga sugli effetti di tale operazione, e la risposta che dà è assolutamente negativa: calo delle donazioni e fuga dei donatori, diffusione di una immagine negativa del fundraising (le raccolte fondi) su cui le missioni si reggono economicamente. In poche parole: ciò che si teme è che per via della spettacolarizzazione, la cooperazione allo sviluppo verrà ritenuta più di quanto non accada oggi, una nicchia inutile, ma utile solo per organizzare kermesse di solidarietà.
Uno degli autori di The Mission, Tullio Camiglieri, ha spiegato che l’obiettivo è raccontare queste parti di mondo dimenticate attraverso gli occhi dei vip, assicurando anche che sarà uno degli esperimenti più avanzati del servizio pubblico e che si tratta di un format tutto italiano che sarebbe stato acquistato già da quattro reti straniere.
Per quanto invece riguarda le critiche sulla scelta dei vip, anche qui Camiglieri ha una spiegazione: basta fare gli elitari, in un personaggio come Al Bano la gente si riconosce e si sente coinvolta, ed è così che si raggiunge il grande pubblico. Inoltre i partecipanti non verranno pagati; otterranno solo un rimborso spese.
Bisogna aggiungere che con Mission l’argomento viene trattato in prima serata; difficilmente un documentario otterrebbe una simile visibilità.
Per tastare gli umori degli spettatori più che degli specialisti del campo, basta andare su Twitter. Personaggi del mondo dello spettacolo e non, hanno detto la propria sul social network, schierandosi sia a favore che contro. Eccone alcuni commenti.
Michele Cucuzza: “Raccontare, con il si dell’Onu, dei profughi di Kony, nei campi dei profughi, è informazione. No alla censura!”.
Beppe Giulietti di Articolo21.org: “Davvero questa è la Mission della Rai?”.
Domenico Naso del Fatto Quotidiano: “lo strano senso umanitario della Rai”.
Stefania Orlando: “trovo questo reality contro ogni rispetto umano, portate i pozzi e da mangiare invece delle telecamere!”.
Infine, Vladimir Luxuria: “secondo i nuovi moralisti è più etico far vedere un denutrito per fare audience invece di una donna in costume”. Qui il riferimento è all’attuale Presidente della Camera, Laura Boldrini, portavoce dell’Unhcr che, ai tempi dell’ideazione del programma, a suo dire, aveva proposto all’azienda televisiva pubblica il format australiano di Mission senza la presenza dei Vip.
Anche la Croce Rossa Italiana è intervenuta nel dibattito sul social network: “comunicazione “umanitaria”: serve un approccio consapevole, non un reality show”.
Il più attivo è stato però Giancarlo Leone, direttore di RaiUno, che difendeva il programma: “Mission sarà un programma che racconterà la dura realtà ed il sacrificio nei luoghi dove si aiutano i più deboli. Né effetti né trucchi”.
Gli replicavano alcuni utenti: “sarà sicuramente un programma pessimo. Altrimenti perché chiamare Albano e Emauele Filiberto tra i concorrenti?”
Nel frattempo piovevano altre critiche: “male il reality per scrittori? La Rai cova pure “The Mission” con Al Bano, Barale e Cucuzza a far mostra di sé nei campi rifugiati”, oppure: “Fermiamo le riprese di The Mission RAI VERGOGNA”. Alcuni facevano circolare una petizione contro la Rai per impedire la messa in onda del programma.
Vista la situazione, Giancarlo Leone twittava ancora: “per alcuni la vera mission è commentare un programma che deve ancora essere montato e registrato”.
Vedremo se le polemiche si placheranno nei prossimi giorni e soprattutto, se Mission riuscirà ad arrivare in video.