Subito dopo, i protagonisti affronteranno l’esperimento più singolare della loro vita: si sposeranno con rito civile e rimarranno insieme per cinque settimane, per capire se sarà possibile formare un vero legame sentimentale e se scoppierà la fatidica scintilla.
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Alla vigilia della messa in onda, abbiamo chiesto a persone comuni la loro opinione dinanzi ad un reality che impegna in maniera determinante la propria esistenza attraverso il vincolo del matrimonio.
Le prima impressione le abbiamo raccolte da un sacerdote, don Felice Riva, braccio destro di don Antonio Mazzi. “Il matrimonio è sempre e comunque un legame che unisce due persone chiamate a condividere la propria esistenza. Prima di arrivare all’altare, sia religioso che civile, è necessario un processo di formazione e di educazione all’amore reciproco da parte dei due partner. Quanto sta per accadere in un reality, che mette insieme persone solo sulla base di calcoli scientifici o presunti tali, è davvero inquietante. Inoltre, in un periodo nel quale la famiglia italiana avrebbe bisogno già di una riflessione alla luce dei mutamenti che ha avuto il rapporto di coppia, trovo davvero fuori luogo la messa in onda di un programma di tale tipo. I sentimenti vanno rispettati, e non sfruttati per fini d’audience”.
Giada, studentessa della facoltà di lettere all’università La Sapienza di Roma, commenta sconsolata: “non immaginavo che ci si dovesse spingere fino a tanto per avere un briciolo di visibilità in televisione. Mi sembra davvero esagerato. D’altra parte, se continua così, andremo tutti ad iscriverci ai casting. Ma chissà poi se avremo il coraggio di andare fino in fondo”.
Jessica, 27 anni, laureata in cooperazione e sviluppo, punta il dito contro lo svilimento dei sentimenti che un reality di questo tipo, necessarimaente provoca. “Siamo in un momento in cui il rapporo di coppia attraversa un momento estremamente delicato, per tutte le difficoltà a cui vanno incontro i partner. Mi riferisco a problemi lavorativi e di semplice sopravvivenza in una società sempre più violenta. In tale contesto, l’amore deve essere valorizzato e posto al centro della vita di coppia. Questo significa arrivare al matrimonio già con una preparazione di fondo e con la consapevolezza di voler davvero dividere la propria esistenza con l’altra persona”.
Silvana, farmacista precaria, 34 anni, in attesa di un bambino, è ancora più dura: “Non vedrò mai un programma di questo tipo, ma non perché sminuisce i sentimenti, ma soprattutto perché degrada due persone a semplici esperimenti scientifici. Non saprei neanche la reazione che potrei avere: sarebbe di rabbia, persino di orrore. Lo so che forse esagero, ma io e mio marito, per riuscire a sposarci, abbiamo atteso molti anni nella speranza di avere un lavoro che ci consentisse di affrancarci dai genitori. Inoltre sono convinta che si tratti di un programma scritto a tavolino, chissà quanto reale. Con questo voglio dire che mi aspetto solo ipocrisia”.
Lorenzo, 65 anni, docente, ritiene questo esperimento assolutamente una follia.”Per arrivare al matrimonio, ma anche soltanto ad una convivenza, è necessaria una profonda base di conoscenza e di voglia di condivisione dei propri interessi con l’altra persona. Tutto questo è completamente assente nel programma. La mia condanna quindi, è totale”.
Ma abbiamo anche trovato qualcuno che condivide l’esperimento. E’ Daniela, 39 anni, maestra elementare, un figlio di 12. “Ci sono tanti cuori solitari, persone che non riescono a instaurare, per vari motivi, una relazione di coppia. Chissà, forse questo esperimento potrebbe dare loro una mano. Dai risultati positivi ottenuti dalle edizioni straniere, c’è da augurarsi che anche la versione italiana possa unire parecchie coppie”.