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Proprio la capacità del ferrarese di narrare per immagini il suo universo di damigelle, eroi, figure fantastiche è l’assunto della suggestiva mostra allestita fino al 30 ottobre. Ma a 500 anni dalla prima edizione del capolavoro, la rassegna documenta l’impatto suscitato da esso su molte altre branche della creatività. Affacciandosi, nel secondo Novecento, sui mass media per eccellenza: la radio e la televisione.
E infatti le sale di Villa d’Este rilanciano attraverso un grande schermo la riduzione televisiva dell’Orlando Furioso firmato da Luca Ronconi nel 1974 e andata in onda l’anno successivo. Era la trasposizione per il piccolo schermo di uno degli spettacoli teatrali più applauditi di sempre, che debuttò al Festival dei Due Mondi di Spoleto nel 1969. Ecco l’incedere sul cavallo di Edmonda Aldini nei panni di Brandimarte, ecco Marilù Tolo nelle vesti della maga Alcina, e l’Orlando di Massimo Foschi e la Angelica di Ottavia Piccolo.
Ed ecco, nella Sala della Fontana, i tre cavalli che lo scenografo Pier Luigi Pizzi realizzò per le riprese tv. Dorati e ramati, sono miti di cartapesta che dialogano alla perfezione con gli alberi e i fiori affrescati sulle pareti della sala. Un mirabile bosco trompe l’oeil che Ronconi non trovò a Palazzo Farnese di Caprarola o al Teatro Farnese di Parma, scelti per la messinscena televisiva. Villa d’Este invece è luogo ariostesco per eccellenza. Infatti fu creata come dimora di delizie e di caccia dal cardinale Ippolito d’Este II, nipote di quel porporato Ippolito I al quale è dedicato l’Orlando. Il quale nipote conobbe messer Ludovico negli anni giovanili trascorsi nella corte ferrarese ed è citato più volte nell’opera.
Vengono esposti altri materiali preparati per lo spettacolo televisivo. Sono i bozzetti dei costumi ideati da Pizzi, affiancati a una rarità: le foto di Ugo Mulas per la rappresentazione dello spettacolo ronconiano in piazza del Duomo a Milano, seguita alla “prima” a Spoleto. Gli scatti sono l’unico documento di quella memorabile serata.
Chi visiti la mostra, pur consapevole dell’impatto che l’opera di messer Ludovico ha avuto sull’immaginario di cinque secoli, non si aspetta la varietà e il numero di manufatti esposti a Tivoli, grazie al Polo Museale del Lazio diretto da Edith Gabrielli e ai curatori Marina Cogotti, Vincenzo Farinella e Monica Preti.
La figura del poeta, gli scenari, le scene madri, la messe dei personaggi del Furioso compaiono in monete, ceramiche, sculture, dipinti, incisioni, disegni, illustrazioni. Ancora, a testimoniare l’appeal delle vicende di Orlando e Angelica nella cultura del Novecento sono le registrazioni per Radio Rai di brani del poema. Andarono in onda negli anni Sessanta con le voci di Alberto Lupo, Giorgio Albertazzi e Arnoldo Foà. Ebbene, da oggi quelle voci risuonano en plein air nel rondò della Fontana della Civetta, luogo di svago e di riflessione degli Estensi in un luogo appartato del giardino celeberrimo che vanta le invenzioni di Pirro Ligorio. Le ottave ariostesche declamate dal trio di grandi interpreti vengono proposte ora al pubblico grazie a una innovativa tecnica di audioinstallazione realizzata dagli studenti del Biennio Specialistico Multimediale Design dell’Isia di Pescara coadiuvati da docenti di Sound Design che hanno recuperato, restaurato e rielaborato gli estratti dalle registrazioni radiofoniche.
Luca Ronconi
Nelle altre sale della Villa si snoda poi in ordine cronologico l’”inventario” delle opere d’arte nel segno del Furioso. Ecco il XVI secolo con il ritratto dell’Ariosto in xilografia. Il disegno è di Tiziano, che pare si basasse sul vero volto del letterato. Impossibile invece ritrovare, ed è il cruccio dei curatori, un inedito Ritratto di Gentiluomo ferrarese databile al 1530 segnalato da Nicholas Penny: importante perché sul frontespizio del libro che il personaggio ha in mano c’è il volto di Ariosto ispirato da poetica nobiltà. A dimostrazione che già nel decennio successivo all’uscita del poema egli fosse considerato un classico. Come del resto conferma anche il ritratto di Dosso Dossi, presente pure con una “Ninfa inseguita da Sabino”: i due in realtà sono Angelica e Orlando. Da Parigi vengono tre arazzi che raffigurano la corte estense e molto giunge da Firenze, perché i Medici commissionarono tanto sulle imprese del paladino che perse il senno.
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Il Seicento lo omaggia con Guido Reni, il Settecento con i 180 fogli che Fragonard realizzò per illustrare il Furioso. Come fece il secolo successivo Gustave Dorè, il quale però si industriò anche in un bronzo nel quale uno spettacolare Ruggiero sospeso alla lancia trafigge l’orca volando sull’ippogrifo.
Anche Delacoix e Ingres affrontarono la cinquecentesca pietra miliare della letteratura italiana: ma opposte le loro due Angeliche, quanto diversificate le corde, i sentimenti che l’autore toccò nei suoi versi: rabbia e violenza, sospiri delicati e nostalgia, sogni e clangore d’armi. Una tavolozza di colori accesi e tenui. Che l’estate di Villa d’Este rimanderà anche con una serie di concerti, film, serate teatrali a partire da oggi, 2 luglio. Alle ore 21 uno spettacolo di teatro musicale intitolato “Il segno di Orlando” con l’orchestra diretta da Maurizio Lopa e due solisti, Cristiana Arcari e Giorgio Carducci, in ouvertures, suites e arie da Haendel, Lully, Porpora, Steffani.