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Nè ci consola la comune opinione che questa realtà riguardi solo la miopia dei politici e degli uomini di potere, e che è culminata nelle tre ben note ‘i’, cui Berlusconi voleva ridurre la scuola pubblica, Inglese, Informatica, Impresa.
Rimediavano al dramma delle trasmissioni televisive notturne di musica colta – cui il pubblico medio era costretto a rinunziare – le generose dirette radifoniche in prima serata degli spettacoli e dei concerti attuate da Rai Radio Tre, il cui dirigente responsabile dal 2000 al oggi è stato il compositore, docente, direttore di grandi istituzioni musicali Michele Dall’Ongaro, oggi presidente-soprintendente dell’Accademia Nazionale di S.Cecilia in Roma.
Per lui, la prima causa della distorsione per cui le platèe e gli stadi sono invasi da musica pop e rock, con conseguente fondamentale influenza sui giovani, sta nella scarsa conoscenza della grande musica, e – come Uto Ughi – ne carica la responsabilità sui dirigenti politici, invano sollecitati a partire dalla seconda metà del Novecento ad una riforma della scuola pubblica, volta all’inserimento nelle superiori di una cattedra di Storia della Musica.
Il maestro Michele Dall’Ongaro
Per Dall’Ongaro – che ha vissuto da musicista la storia d’Italia e ne ha osservato i movimenti, le crisi, i progressi e i regressi – la grande musica e i capolavori del passato commuovono, arrivano inevitabilmente al cuore dell’uomo: la conoscenza e la diffusione di quest’arte porta chiunque, senza eccezioni, ad amarla. La difficoltà di esprimere con parole l’essenza della musica è la riprova della sua infinità: “La musica esprime ciò che non può esser detto e su cui è impossibile tacere” disse Victor Hugo, “La musica è una rivelazione più profonda di ogni saggezza e filosofia” affermò Beethoven, e “Dove le parole finiscono, inizia la musica” affermò l’altro tedesco Heine, mentre lo scrittore e poeta inglese Joseph Addison aggungeva “La musica è tutto ciò che del Paradiso noi abbiamo quaggiù”.
Dall’Ongaro non risparmia strali a molta della musica contemporanea, per via del suo cerebralismo e della difficoltà nel farsi comprendere: ma la sua fede nella diffusione della conoscenza musicale e nel dovere di un linguaggio sobrio che aiuti tutti nella comprensione, è la sua forza, e la Rai TV perciò molto deve a Dall’Ongaro. Le sue spiegazioni, precedenti i concerti diffusi da Rai Radio 3, ormai sono storia: conservate nelle teche Rai, possono essere riproposte in ogni momento a vantaggio per pubblico, specie nelle festività, i cui momenti di vuoto sono troppo spesso riempiti con materiale radio-televisivo di basso profilo.
Il maestro Antonio Pappano
Dall’Ongaro comunque non diffida della tecnologia, se essa concorre ad aiutare la diffusione planetaria della grande musica. I social, le piattaforme digitali ben vengano secondo lui, ma egli non è però disposto ad abbassare il livello della qualità musicale, pur di attirare consensi e platèe. Si può dire che abbia fatte sue le parole del direttore d’orchestra Daniele Gatti: “Occorrono cinque minuti per tratteggiare come si dirige tecnicamente un’orchestra, ma occorrono anni per spiegare i singoli e individuali gesti del Maestro, spie indiscutibili dell’animo e del sentimento musicale del direttore d’orchestra”.
Dell’Ongaro quindi è venuto incontro a molte innovazioni che la realtà attuale chiede alla musica: “S.Cecilia in volo” è la rassegna che propone dei concerti ogni giovedì alle 13,30 ai Terminal B e D di Fiumicino, con programmi di Cori e musica cameristica, alla maniera degli Ensembles della Scala, che in settembre eseguirono “L’Elisir d’amore” di Donizetti nelle aree della Malpensa a Milano, facendo tutt’uno col non lontano rombo degli aerei in transito.
Le novità vanno esperite: ‘cum grano salis’ tuttavia.