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Una bellezza, la sua, fatta di capelli dorati, di occhi cerulei in un corpo alto e magro, insomma un po’ efebica, almeno a sentire il grande scrittore tedesco Heine, che parlava di un ‘viso di latte’. Il che però non gli impedì di amare molto le donne: nel 1833 fu al centro di uno scandalo, quello delle ‘tre Giuditte” (Giuditta Pasta, Giuditta Cantù – entrambe cantanti – e Giuditta Turina), che però avevano in comune la ricchezza, l’opulenza economica cui il compositore era più che sensibile. Sì, ebbe una vita breve ma intensissima e felice,Vincenzo Bellini: ed il successo, nonostante alcuni fiaschi temporanei subito dimenticati, gli arrise sempre di più, sia in Italia a Napoli e a Milano, che negli ultimi anni a Parigi, dove morì venendo sepolto al cimitero Père Lachaise, prima del trasporto nel Duomo di Catania, nel 1876. Uno di questi successi fu proprio quello dell’opera “I Puritani” del 1834-35 (il titolo completo era “I Puritani e i Cavalieri”), la cui ‘prima’ ebbe luogo a Parigi, al Théâtre Italien il 24 gennaio 1835, con strepitoso successo del quale scrisse il Bellini: “Mi trovo all’apice del contento….. ne sono io stesso sbalordito…. tutto è stato marcato dagli applausi… e che applausi, che applausi!”.
Ciò nonostante, il compositore approntò un’altra versione dell’opera (detta ‘napoletana’) in cui mutò vari elementi, portando le voci verso una tonalità più bassa: ma non potè vederla, la morte lo colse quasi subito e l’opera fu rimessa in circolazione nell’avanzato Novecento. Bellini è noto nel mondo per la straordinaria bellezza melodica diffusa in tempi lunghi, per la rinuncia al virtuosismo canoro settecentesco e alla ritmicità di eredità rossiniana, portando nell’opera lirica il protagonismo dell’espressività. “I Puritani” sono l’ultima creazione del Bellini: il soggetto storico seicentesco, la lotta fra i Puritani e gli Stuart in Inghilterra, fa da sfondo ad un amore contrastato fra Elvira Valton (soprano Jessica Pratt) sorella di Giorgio Valton colonnello puritano, e lord Arturo Talbo (tenore Antonino Siragusa) cavaliere partigiano degli Stuart, amore cui si contrappone sir Riccardo Ford (baritono Massimo Cavallotti) colonnello puritano. Al momento delle nozze, Talbo riconosce fra i prigionieri Enrichetta di Francia vedova di Carlo I e riesce a farla fuggire accompagnandola.
Elvira, dinanzi a quello che crede un tradimento, impazzisce e nel II atto esplode in vaneggiamenti (questo diventerà un ‘topos’ della lirica romantica). Talbo è braccato dai Puritani, ma riesce a incontrarsi nel pieno di una tremenda tempesta con Elvira, che per la violenta scossa torna alla ragione. Egli infine è arrestato e condannato a morte, ma la contemporanea vittoria dei Puritani fa sì che il comandante Cromwell, a capo del Parlamento anglicano, conceda un’amnistia e i due amanti sono salvi. La regìa è di Fabio Ceresa – che, complice la ricchezza dei costumi, ha accostato l’opera alla “Lucia di Lammermoor” di Donizetti e al “Trovatore” di Verdi – mentre la direzione d’orchestra è di Matteo Beltrami.