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Il regista russo, nato in Siberia nel 1944, formatosi a Leningrado, nel cui Malyj Teatr iniziò nel 1973 a lavorare, divenendone poi nel 1983 direttore artistico, operò dapprima su testi di autori russi, poi europei, approdando anche alla regìa di opere liriche – “Elektra”, 1995, a Salisburgo in collaborazione con Claudio Abbado; “Mazepa” di Cajkovskij alla Scala con direzione di Rostropovich.
Al Piccolo di Milano, con un’attività ormai ventennale, Dodin ha lasciato un’impronta indelebile con memorabili regìe teatrali, per “Le tre sorelle” e “Zio Vania” di Cechov, soprattutto per “Re Lear” di Shakespeare nel 2006 (già accolto con grandissimo successo a S.Pietroburgo), in cui il regista risolve la tragedia in un’ampia riflessione sulla realtà della natura umana. Nell’ottobre scorso Dodin ha presentato al Piccolo di Milano appunto “Intrigo e Amore” di Schiller, riscuotendo un largo e prevedibile successo – ha ottenuto due ‘Maschere d’oro’ – per la problematicità dell’interpretazione e per la profondità delle emozioni e dei sentimenti che ha saputo muovere. Il testo di Schiller, assai melodrammatico – sì che Giuseppe Verdi ne tranne una partitura, “Luisa Miller” (1849), come già per “I Masnadieri” – è ambientato nel Tirolo del secolo XVII.
Qui si svolge il dramma d’amore di Luisa figlia di borghesi e del nobile Ferdinando, il cui padre vuol coniugarlo con la favorita del Duca, cui egli è succeduto nel ducato, dopo averlo assassinato all’insaputa di tutti: e per questo si affida all’immondo Wurm. La corruzione dell’ambiente nobiliare sfocia nel ricatto fatto a Luisa, costretta (pena l’uccisione dei genitori) a firmare una sua spudorata infedeltà a Ferdinando. Questi la avvelena: già in agonia Lucia – poiché in punto di morte chiunque è sciolto dai giuramenti – rivela all’amato la falsità della lettera estortale, e Ferdinando si uccide con lo stesso veleno.
Nella nudità scenografica – un tavolo, delle assi lignee spesso a croce per metaforizzare il supplizio di Luisa – il dramma si snoda con un’essenzialità potente, tale da conficcarsi nell’anima dell’osservatore, sino in fondo. Se nella “Luisa Miller” di Verdi è l’amore romantico contestato e calpestato che affiora in massima luce, se in Schiller è prevalente il tema del destino e del prevalere metafisico del Male su Bene nell’accezione filosofica romantica, nella regìa di Dolin non solo si afferma il violento messaggio politico antiaristocratico di Schiller, ma anche l’intensità del sentimento amoroso che appartiene ai due amanti e la loro indeclinabile purezza morale, in un nodo irriducibile e complesso di passioni, ancor oggi attuali. L’esecuzione è affiata alla compagnia di attori del Malyj Teatr di S.Pietroburgo.