{module Google ads}
Essi comprendono “Ludwig Frames” per coro e orchestra di Giovanni Sollima, indi la “Sinfonia n.8 op.93” e la “Sinfonia n.6 op.68” di Beethoven. Il concerto rientra del ciclo “Beethoven e i contemporanei”, che l’Accademia di S.Cecila ha ideato per accompagnare le Nove Sinfonie del grande tedesco – le massime che la nostra civiltà abbia mai prodotto – con opere di contemporanei, sia nostri che dello stesso Beethoven, commissionando appositamente ad artisti d’oggi nuove creazioni.
Il primo concerto del 3 ottobre ha visto accostata alla sua Nona Sinfonia – che il direttore Pappano ha scandagliato in tutti i suoi prodigiosi dettagli – “Bread,Water and Salt” del noto compositore Luca Francesconi, che ha utilizzato le parole di Nelson Mandela per indicare i bisogni primari dell’uomo, ed ha voluto così onorare, esaltando esponente massimo della lotta all’apartheid, le idee illuministiche di fratellanza universale di Beethoven, e non solo la sua musica.
Antonio Pappano
Il secondo concerto del 10 ottobre, alle Sinfonie beethoveniane n.2 e n.5 è stata avvicinata l’ouverture della “Olympie” (1819) di Gaspare Spontini, conteporaneo di Beethoven, da lui molto apprezzato e celeberrimo ai tempi del Buonaparte, per l’estetica neoclassica e la nobiltà dell’ispirazione: cosa che vale anche per l’altrettanto grande contemporaneo Luigi Cherubini, stimatissimo da Beetthoven, di cui il 17 scorso cui si è ascoltata l’ouverture della “Medea” (1797), seguita dalle Sinfonie n.4 e n.7 del gigante di Bonn.
Col concerto che Rai 5 metterà in onda il 29, si torna ai contemporanei nostri e non di Beethoven, ossia al compositore palermitano ma ormai internazionale Giovanni Sollima, anche validissimo violoncellista. Egli aveva già da tempo pensato di dare forma musicale ai frammenti di parole e note che si trovano nei tanti “Quaderni di conversazione” di Beethoven, specie del periodo della sua sordità: e la commissione dell’Accademia di S.Cecilia è giunta per lui al momeno giusto. Ne è nato “Ludwig Frames” per coro e orchestra, in cui egli procede a frammenti e nel frammento finisce, ispirato dal “caos geniale di quel piccolo ed evocativo universo di segni, appunti, pernsieri…” lasciatoci da Beethoven nei quaderni.
Giovanni Sollima
E reinventando l’ampio sinfonismo beethoveniano – pur con una timbrica nuova – Sollima tocca e “riscrive” (ma poeticamente) fin dall’inizio, con livelli all’acuto degli stumenti, la dolcezza o meglio, come egli dice, la “tenerezza” di Beethoven, che sempre compare a contrasto con la sua forza ed energia sovrumana, da titano del cielo: forza che subito affiora nel perdurante sinfonismo del pezzo di Sollima, insieme col senso della libertà, dell’universale pace – nel breve coro sulla frase di Beethoven “L’amore vuole più amore” – e nel supremo circolante respiro della Nona Sinfonia.
Sollima, ferreo compositore d’avanguardia fra i nostri maggiori, con atto bellissimo si è davvero inginocchiato dinanzi alla musica di Beethoven, simbolo di tutta l’umanità.
Poi, ad Antonio Pappano passa la direzione dell’Ottava Sinfonia, che nella tradizione esecutiva risulta opera limpida e serena, ma che il direttore d’orchestra ha affrontato con un piglio leonino, illuminando l’aspetto più noto e anche più frequente di Beethoven. Infine, la Sesta Sinfonia, la “Pastorale” (1808), opera bellissima, unica nella produzione del compositore per i meravigliosi aspetti descrittivi, mai secondo i clichés rococò settecenteschi, ma come sentimento ineffabile della Natura, assoluta bellezza del Creato, dono di Dio all’uomo.
La calma dell’orchestrazione, con pochi ottoni, corni e timpani – in Beethoven, pensate! – quell’obiettivo che ruota lento sullo stormire delle fronde, sul mormorìo del ruscello (nell’Andante) con stupendi effetti dei violini, sul canto degli uccelli (il cucù del cuculo) su cui Beethoven quasi si arresta estatico, sono culmini della musica di tutti i tempi, e segno indubbio della poliedricià del genio creativo beethoveniano.
Antonio Pappano ha da sempre la capacità di rendere il colore, i colori anche interiori, attraverso la perfezione sempre varia del suono: e la “Pastorale” ne è proprio la classica cartina di tornasole. Quanto ancora resterà il M°Pappano a Roma, all’Accademia di S.Cecilia? Pare fino al 2019. Non potremmo pretendere di più.
Nel frattempo, ci penserà Rai 5 ad assicurarci il contatto coi suoi capolavori: ed anche Rai Radio 3, dato che le trasmissioni dei programmi di classica sono lì dirette dal M° Michele Dall’Ongaro, che è anche Presidente dell’Accademia di S.Cecilia…..