{module Pubblicità dentro articolo 2}
Per il gran giorno a Milano infine sono state allestite ben 27 postazioni per la ripresa di “Madama Butterfly” in luoghi anche non centrali della città, a libero ingresso, ed è stata garantita la diretta persino ai carcerati, specie del Carcere Minorile Beccaria. La Rai ha garantito non solo la diretta televisiva di Rai Uno – con Milly Carlucci, Antonio Di Bello, Serena Scozzoni – ma anche la diretta su Radio3, 20 emittenti di EuroRadio per l’Ungheria e la Svizzera, e sul Canale Arte per Francia, Germania, Austria, Portogallo, e Repubblica Ceca. La novità, come ormai ognuno sa, è la versione originale, la prima scritta da Puccini della “Madama Butterfly” andata in scena alla Scala nel 1904: non fu un successo e il compositore d’intesa con Ricordi dovette tagliare parecchio, specie nell’analitica partitura del I atto, oltrechè nel finale, prima che il successo arrivasse appena tre mesi dopo a Brescia (per poi rimanere come un etichetta perenne per la sua Butterfly).
Il direttore Riccardo Chailly, proseguendo con quest’opera nelle sue letture critiche di Puccini, ha anticipato da tempo che l’originale versione – a suo parere – avrebbe guadagnato molte pagine di buona musica, che il finale risulta in tal modo assai più drammatico, e che il pubblico deve ancora abituarsi a questo Puccini così moderno: e in ciò ha trovato un accordo pieno col rodatissimo regista lettone Alvis Hermanin. E così è stato.
Maria Josè Siri: Madama Butterfly
Le scene firmate da Lelia Fteita ed i costumi stupendi di Kristina Jurjane, come le lievi coreografie di Alla Sigalova che dal giardino alitavano nelle piccole mani delle danzatrici come farfalle, le luci di Gleb Filshtinsky, e i video di I.Sipunova da subito hanno creato in scena un clima sospeso di fiaba giapponese e di sogno. Grazie a Hermanin, finalmente niente ‘attualizzazioni’ e arbitrari spostamenti del dramma ai tempi nostri, con tradimento ingrato della drammaturgia e del lirismo pucciniano.
Finalmente costumi di sete ornate, larghe e “vaporanti” come nell’antico mondo nipponico, e gestualità meravigliosa (perfino nei passettini femminili), lenta e sognante: quella che il grande Chailly ha reso nella sua direzione, in più di un passaggio dei monologhi di Butterfly, o nel coro a bocca chiusa, resuscitando e facendo propria l’anima stessa di Puccini, ed il suo originale sentire, come Toscanini. E ciò anche nei momenti drammatici e violenti, e ancora quando nel secondo atto la musica si spegneva, ridotta a pochi segmenti, modernissimi.
Riccardo Chailly
Perché il grande Chailly non ha lavorato allo stesso modo sulla pur valente voce dell’uruguayana Maria Josè Siri, soprano lirico drammatico, troppo possente nel ruolo di Cio-Cio-San? L’impetuosità del tenore Brayan Hymel è già scritta nella drammaturgia, che lo vuole americano ironico e sprezzante coi giapponesi, e riveste in fondo un ruolo più limitato nell’opera.
Lodi all’interpretazione di Annalisa Stroppa nel ruolo di Suzuki, specie nel finale, che le creature-ombra della prossima morte di Cio-Cio-San allungano, invadendo lentamente la scena e rendendola bianca come lei, coperta della veste da sposa. Bellissimo in conclusione l’intero spettacolo, cui è stato dato sino in fondo il rispetto che si deve ad un’opera d’arte. Ad esso, che il soprintendente Pereira ha seguito con apprensione senza fine, non ha partecipato nessun rappresentante politico nazionale, causa la crisi di governo, ed hanno invece presenziato quattro rappresentanti delle zone italiane colpite dal recente terremoto.