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Inoppugnabili le motivazioni della rivolta di chi non ha la casa e il lavoro: ma inevitabile l’indignazione di chi ha investito denari, lavoro ed energie per un evento grande, che deve costituire la carta da visita per l’Expo 2015 di Milano.
E’ pur vero che a questa ‘prima’ – come a quella recente del Teatro dell’Opera di Roma – non hanno presenziato né il Presidente Giorgio Napolitano, né il presidente del Consiglio Matteo Renzi, a fronte della presenza invece del Presidente del Senato Grasso, del Ministro Franceschini, del Presidente della Regione Maroni, dell’ex premier Mario Monti e di moltissimi vip, come la Buccellato, la Marini, Roberto Bolle, Tatò e i tanti altri che hanno riempito il Teatro, almeno quanto lo hanno riempito i fiori, a ghirlande e a festoni in prevalenza bianchi, rossi e verdi.
In compenso, come c’era da aspettarsi, lo spettacolo musicale è andato benissimo, per la direzione dell’Orchestra della Scala del M° Barenboim – un conoscitore straordinario della musica di Beethoven, che con essa si accinge a lasciare il Teatro alla fine del suo mandato – per la regìa di Deborah Warner che con i costumi di Choe Obolensky ha tutto trasposto giustamente e con gran misura dal ‘500 nei tempi nostri – e per il cast scelto con grande oculatezza e di pari bravura.
Il pubblico, pungolato da critici e stampa, era in attesa di veder cadere il totem della lettura in chiave politica del ”Fidelio”, a vantaggio di quella di una vicenda amorosa e magari erotica dell’opera. “Il bacio saffico di Marzelline a Leonora? – dice Natalìa Aspesi di Repubblica tra gli ospiti più in vista – ma se Marzelline bacia Fidelio, da lei creduto un giovane!”.
In realtà, la severissima, sobria, castigata opera di Beethoven – qui nella revisione del 1814, e con l’ouverture n.2 delle quattro che il Maestro aveva composto per il suo tormentato “Fidelio” – è la quintessenza del suo fortissimo credo morale, delle sue idee illuministiche, della sua fede (che somiglia a quella massonica di Mozart) nel trionfo del Bene sul male e della fratellanza universale.
Talora, attraverso una musica serrata, biano-nera, con scarse concessioni alla bellezza melodica ed ai colori timbrici, l’opera ci riporta alla precedente Sinfonia Eroica ed anche, pur nella distanza temporale, alla celeberrima Nona Sinfonia.
Nel Fidelio c’è tutto Beethoven, che in vita sua e nonostante tante delusioni anche politiche, mai ha perso la fede nell’Uomo e nel Bene dell’Umanità. Il discorso musicale nel “Fidelio” è talmente concentrato da non concedere requie né al ritmo, né alle voci, mai abbandonate alla soavità del canto, se non forse nel bellissimo assolo di Florestano (tenore Klaus Florian Vogt), agonizzante nel carcere spagnolo. L’eroismo virile nel “Fidelio” si fa donna, Leonora (Anja Kampe), travestita da uomo per salvare lo sposo dalla morte in carcere, e che nel finale – gettandosi a schermo fra il terribile Pizarro (Falk Struckmann) e il marito Florestano – grida svelandosi: “Uccidi prima sua moglie!”.
Fedeltà coniugale sì, ma prima ancora coraggio virile, immenso, intrecciato alle strutture musicali tese e quasi implacabili, espressione dell’eticità di Beethoven. Ed il maestro Daniel Barenboim ne è stato il massimo interprete.