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Veramente bellissima la ripresa televisiva che ha posto in luce ciò a cui regista (Fabio Ceresa), scenografo (Tiziano Santi) e direttore delle luci (Marco Filibeck) più tenevano, ossia l’effetto notturno, profondamente tenebroso e romantico dell’opera – ancorchè ambientata nell’Inghilterra del Seicento, quella di Cromwell e dei Puritani contrari agli Stuart.
Di questa Inghilterra del XVII secolo infatti, nel recente allestimento del Maggio Musicale Fiorentino rimangono solo i fastosi, straordinari, bellissimi costumi barocchi sul violaceo di Giuseppe Palella, che poco a poco si riducono sfaldandosi, insieme con la stupefacente fuga prospettica di un interno di cattedrale gotica ideata da Tiziano Santi, per condurre infine ad una scena nuda, in una luce gelida di alba post-apocalittica.
Gli effetti di questo allestimento, pur non in asse con il periodo storico in cui hanno luogo la vicenda amorosa di Elvira e Arturo e lo scontro fra Realisti e Parlamentaristi inglesi (o Puritani), ed in cui anche nei costumi si avvertono contaminazioni (il coro femminile pare una superba processione greca arcaica), sono davvero straordinari.
La stessa regìa di Ceresa, privilegiando la stasi statuaria dei protagonisti, accentua tale visione metastorica della vicenda. Indubbiamente l’allestimento ha, in questa edizione de “I Puritani” del Bellini coprodotta col Teatro Regio di Torino, un ruolo protagonistico. Esso però non pone in una luce secondaria tutto il versante musicale: quello dell’Orchestra e del Coro dell’Opera di Firenze – diretti con vivida, celere, accorta mano da Matteo Beltrami, direttore di vasta esperienza internazionale, in una partitura fitta di soluzioni contrappuntistiche e di cangianti e altrettanto fitti impasti strumentali, indi nel versante delle voci.
Ha grandeggiato Jessica Pratt (Elvira), ottimo soprano di coloratura, dagli acuti e sovracuti morbidi, dai filati prolungati da respiri lunghissimi, anche espressiva drammaturgicamente, ma senza eccessi nella scena della follìa nel II atto. Affascinante il timbro ed il colore vocale del noto tenore Antonino Siragusa nel ruolo di lord Arturo Talbo, cui ha nuociuto la troppa staticità in scena, mentre più commossa e calda è apparsa la presenza scenica del baritono Gianluca Buratto (sir Giorgio Valton), fin dal duetto con Elvira nel I atto.
Ottima anche è stata la prova di Massimo Cavalletti per la notevole coerenza interpretativa nel ruolo perverso di sir Riccardo Ford, né va dimenticata Rossana Rinaldi nella parte dell’austera e determinata regina Enrichetta di Francia vedova di Carlo I. Un’opera, questa, ultima di Vincenzo Bellini, creata con cura assoluta per i dettagli armonici e strutturali, rispetto ai larghi spazi melodici precedenti, e perciò aperta verso il futuro musicale dell’opera lirica italiana.