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Opera di rara bellezza e coerenza artistica “Lucia di Lammermoor”, rappresentata en première al Teatro S.Carlo nel 1835, è una delle migliori se non il capolavoro di Donizetti, accanto ad altre opere serie o del genere buffo (“Anna Bolena”, “L’elisir d’amore”, “Don Pasquale, “Maria Stuarda”).
La recente lettura musicale della “Lucia di Lammermoor” del M° Giovanni Bietti al Teatro dell’Opera ne ha messo un luce il ricorso, dall’inizio alla fine, dell’intervallo di sesta, come invisibile legante dell’opera: e la trama tragica e intrisa di un profondo senso della morte, ripresa da un romanzo di Walter Scott, è un prototipo del nostro Romanticismo musicale.
Lucia della famiglia degli Ashton è innamorata ricambiata di Edgardo, esponente della odiata genìa dei Ravenswood e fin dall’inizio ella racconta alla dama di compagnia l’uccisione da parte del geloso fidanzato di una fanciulla, il cui fantasma la tormenta: così l’elemento visionario già viene introdotto nell’opera. Enrico, fratello di Lucia, profittando della partenza di Edgardo per la guerra, con false carte attestanti il suo tradimento della fede data a sua sorella, la convince – anche con l’aiuto del suo padre spirituale Raimondo – ad accettare il matrimonio col nobile Arturo.
Il matrimonio si sta celebrando fra il giubilo della popolazione: ma ecco tornare Edgardo che chiede alla sposa ragione del suo operato, contestandole la firma sulle carte nuziali, e maledicendo il momento in cui le giurò fede. Ma durante la prima notte di nozze Lucia uccide lo sposo, precipitando così in una paranoia – celeberrima la lunga scena della follìa – che si concluderà con la sua morte. Edgardo però viene a sapere dell’inganno in cui Lucia è caduta, finendo poi nell’omicidio, nella perdita della ragione e nella morte, e ahimè si uccide invocandola. Tutti gli ingredienti del dramma romantico ci sono: e forte è la presenza del coro, quasi una voce narrante affidata all’ottimo direttore Roberto Gabbiani. L’allestimento – ecco l’importanza della “Lucia” odierna – fu pensato e progettato da Luca Ronconi, purtroppo morto in febbraio: perciò per volontà unanime esso è stato fedelmente riprodotto dai suoi collaboratori – Gianni Mantovanini alle luci, Gabriele Mayer ai costumi, Margherita Palli alle scene, Ugo Tessitore alla regìa. Quanto a Roberto Abbado posto alla guida dell’Orchestra dell’Opera, egli già diresse “Lucia di Lammermoor” nel 2008 alla Scala, in un’edizione fedele all’originale donizettiano, che prevedeva la glassarmonica nella scena della follìa di Lucia.
Questo strumento dal suono celestiale, paradisiaco, ottenuto da calici colmi d’acqua a diversi livelli, che sfiorati sull’orlo con le dita producono quel suono stupendo, quasi il suono della luce: esso fu utilizzato da Mozart in due opere estreme della sua vita e da pochi compositori, per la difficoltà di tenervi l’intonazione e di trovare chi lo suonasse. Esso aggiunge alla scena della follìa di Lucia un suono irreale, con cui i sovracuti del soprano debbono gareggiare.
E sarà il sopramo americano vissuto in Australia Jessica Pratt, nella nota melodia orchestrale in modalità maggiore e minore al tempo stesso – metafora della sua instabilità mentale – e nella complessiva grande prova virtuosistica vocale, come nel vaneggiamento “Il dolce suono mi colpì di sua voce”, a far suo il ruolo che fu della Callas, della Monserrat Caballé, della Scotto. Accanto a Jessica – nelle arie più note come il duo “Verranno a te sull’aure” – è il tenore Stefano Secco impersonante Edgardo, indi il baritono Marco Caria quale Enrico, Alessandro Liberatore (Arturo), Carlo Cigni (Raimondo. Il Coro ha un ruolo narrativo basilare, lo ricordiamo almeno in “Per te d’immenso giubilo”. Accanto al sindaco di Roma Marino, al sovrintendente Fuortes, nel ricordare il grande Ronconi ci saranno anche l’onorevole Padoan, l’ambasciatore di Germania S.E. Shafers, Tullio Del Sette comandante generale Arma Carabinieri, Marco Bellocchio, Giorgio Barberio Corsetti, Malika Ayane, Corrado Augias, Giovanna Marinelli assessore alla cultura del Comune, Lidia Ravera assessore alla cultura della Regione, insomma un parterre d’eccezione.