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C’eravamo dunque ad assistere a quello che più che un concerto, è stato una forma di teatro musicale, in cui si avvicendavano i bambini in divisa rossa del Coro di Voci Bianche dell’Accademia di S.Cecilia, i solisti e il Coro Ha Kol in abito nero, l’Orchestra dell’Ensemble della Musica Contemporanea del Parco della Musica: tutto sotto le luci suggestive organizzate dal regista Marco Visalberghi.
Così il Presidente del Senato Grasso, il Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche di Roma Renzo Gattegna, il rabbino Riccardo Di Segni, un pubblico di intellettuali, di politici e semplici cittadini ha assistito ad un concerto, unito a preziosi video.
A questi aveva pensato il pianista e musicologo pugliese Francesco Lotoro, cui tutti dobbiamo i frutti eccezionali di una ricerca ormai trentennale sulla musica scritta in prigioni, campi di concentramento nazisti o dovunque un artista fosse privato della libertà: Lotoro è veramente la persona che meriterebbe di divenire senatore a vita.
A inizio concerto e a luci abbassate, una lunga processione di uomini e donne con una candela in mano ha intonato un canto scritto dalle ebree italiane di Birkemau, dolente di pietà: è seguito “Morgen Owaus” di Zigmund Schul, la cui musica Lotoro è riuscito a ritrovare negli spartiti di Victor Ullmann, altrimenti sarebbe sparito dalla storia, come tanti altri: perchè i musicisti scrivevano su carta igienica, carta oleata e persino sulle staccionate di legno dei campi: come la “Cadenza” fortissima e allucinata del Concerto per pianoforte n.3 di Beethoven composta da Ullmann, visto che i Nazisti volevano musica di tedeschi, austriaci e italiani soltanto.
Poi la nostra violinista Francesca Dego (di madre ebrea) ha eseguito la Sonata per violino solo di Marius Flothuis e una “Musica ebraica” di Joseph Achron, mentre la voce spesso rotta di Marco Baliani spiegava la genesi dei tanti brani. E avvertiva che col passare del tempo Lotoro doveva correre dietro i sopravvissuti per raccoglierne le testimonianze, come quella di Jack Garfein divenuto produttore teatrale, che a voce ha intonato “Zi is mein Herz” sentita nel campo di Mӓrzbachtal e che Lotoro ha eseguito al pianoforte.
Ma infiniti altri momenti hanno espresso in canti semplici e dolenti la sofferenza secolare del popolo ebraico senza terra, culminata nell’Olocausto. La musica di Tamir sopravvissuto era cantata dalla voce straordinaria yiddish di Myriam Fuks, il mondo tzigano e i suoi ritmi rivivevano nel cantante Marian Balog: “Zingari e rom dovevano sparire dalla faccia della terra per i Nazisti – afferma Baliani – invece siamo ancora qui”.
Ed è giunta in rigoroso nero la celeberrima cabarettista Ute Lemper: voce, gestualità ed anima erano tutt’uno nel suo corpo magro dalla eccezionale espressività, in uno straordinario brano anonimo di tango, nel malinconico “Der Abend” di Selma Eisinger morta nel campo di Michailowska, nella canzone di Ilse Weber finita in camera a gas nel 1944 ad Auschwitz.
E musica ancora e ancora, anche eseguita da Andrea Satta del gruppo ‘Têtes de bois”, figlio di deportato ad Auschwitz, per finire ancora una volta nel salmo “Bezèt Israel” che – nato per rievocare l’uscita degli Ebrei dall’Egitto – oggi rievocava la liberazione dai campi di sterminio.
Sette note nude e il loro rivolto, intrise di immensa sofferenza, erano nelle voci del Coro Ha Kol e delle Voci Bianche ceciliane, chiudendo il concerto con la commozione di tutti. Immenso il successo, in un misto di contentezza e di preghiera. Una lode vada all’iniziativa eccellente di Radio3 e di Rai5.