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Stride il confronto con gli Oscar tv che, attraverso la serata Premio Regia Televisiva, riescono a conquistare consistenti risultati d’audience perchè offrono uno spettacolo corale e dignitoso, pur con i limiti riscontrati. Ai David di Donatello, invece, nonostante la presenza di tutto il mondo del cinema seduto in sala, paradossalmente, è mancato proprio lo spettacolo. Moretti e gli altri protagonisti presenti sono stati solo pretesto per gli stacchi di regia.
Lo scorso anno, Paolo Ruffini che apostrofava la Loren come “topa meravigliosa”, aveva suscitato una certa indignazione: inopportuno, volgare, maschilista, scrivevano opinionisti improvvisati e non. In uno dei momenti più condivisi dai siti e nei social network, Valerio Mastandrea aveva chiesto al pubblico un applauso per “uno che c’ha provato e non ci è riuscito”. Ma l’attore non era stato l’unico a riprendere Ruffini per i suoi modi inopportuni; anche Virzì lo aveva bonariamente rimproverato. Inconvenienti che capitano, se si sceglie un conduttore il cui apice oratorio si esprime con il lirismo “abbestia”.
Viste le polemiche, quest’anno si è cercato un personaggio più rassicurante. Fuori il nuovo, dentro il vecchio dunque. E che Restaurazione sia.
Per l’edizione 2015 è stato scelto Tullio Solenghi che, approdato al Teatro Olimpico dal set degli spot Lavazza, si è trasformato in una sorta di San Pietro laico. Conscio infatti di essere “usato sicuro”, Solenghi ha portato avanti la premiazione senza infamia né lode: conduttore e autori si sono limitati a timbrare il cartellino della serata, senza sforzarsi di avere un’idea.
Non un accenno di “red carpet” per esempio, o un abito da sogno di un’attrice. Non si è trovato nemmeno un amico di Maria per un karaoke, un momento per parodiare i film candidati, un imprevisto che uscisse per un solo attimo dalla scaletta. Niente.
Per non alzare troppo il livello poi, Solenghi ha pensato di riciclare le solite battute sui politici indagati e sull’Italia come Paese in cui non è possibile esprimersi liberamente. Come se, in fase di scrittura, ci fosse davvero l’aspirazione di volerlo concepire un concetto interessante.
Seduto in platea, Quentin Tarantino avrà improvvisamente ricordato il motivo per cui , negli anni passati, ha sempre trovato di meglio da fare anziché venire in Italia a ritirare i suoi due David.
In un clima autoreferenziale di chi si prende tremendamente sul serio, l’unico momento degno di nota è stato proprio quello dedicato al regista americano e ad Ennio Morricone. Toccante il ritiro del David di Giulia Lazzarini, con l’emozione che esplode in sorrisi incontrollati e rende gli occhi sempre più lucidi.
Per il resto, rimangono il mal di schiena di Margherita Buy e l’atteggiamento di sufficienza della Smutniak che, con quel vestito improponibile addosso, tra le umane emozioni, al massimo avrebbe dovuto optare per la vergogna.
Ricordiamo che due anni fa Giancarlo Leone aveva provato a portare la cerimonia in prima serata, ma gli ascolti erano stati penalizzanti per Rai 1. Il mondo del cinema però, non merita un trattamento tanto svilente: possibile non si riesca a ripensare ed organizzare un evento che gli dedichi la giusta importanza?