E lo stesso Enrico Mentana ha dovuto sottostare alle ferree leggi degli inserzionisti pubblicitari che, ancora una volta, si sono fiondati sull’informazione per trarne profitti. E’ una formula oramai consolidata dal tempo e purtroppo, dal succedersi di eventi drammatici che non ha fatto eccezione neppure per la copertura in tv dell’attacco a Parigi da parte dei terroristi.
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Abbiamo così assistito a scene estremamente discutibili: mentre Barbara D’Urso, nei suoi contenitori pomeridiani, faceva parlare i sopravvissuti alla carneficina del Bataclan, all’improvviso arrivava lo stop. “Fermati li” imponeva la conduttrice al suo ospite, “racconterai dopo, adesso devo mandare la pubblicità”. Un torrente in piena di spot inneggianti al consumo, agli acquisti per le festività natalizie, invadeva lo schermo destando nel telespettatore una sensazione di straniamento che lo allontanava da quelle atmosfere allegre e leggere. La mente è altrove, non si può interrompere il racconto di un eccidio feroce e spietato per dare spazio alle merendine, all’auto super tecnologica, all’acqua che fa fare plin plin, a Pif che ancora imperversa con i suoi messaggi sulla telefonia mobile.
In questa situazione sono trascorsi tre lunghi giorni durante i quali la vera protagonista è stata la pubblicità che ha avuto la precedenza su tutto e tutti. Quando scattava l’allarme reclame, tutto si bloccava e pannolini, bibite, camerette per bambini, imperversavano da un capo all’altro dell’etere.
Lo spot della Nutella più forte degli spari dei mitra assassini. Il caffè Lavazza di Brignano e Solenghi più potente della tragedia e della morte.
Si muore, si uccide, si documentano fatti talmente brutali che al confronto l’espressione homo homini lupus appare quasi una frase delicata. Si ascolta il fiume di news e di aggiornamenti con testimonianze dirette e collegamenti, si grida tutta la propria rabbia e l’impotenza di sapersi esposti a pericoli che la politica internazionale non ha saputo evitare. Nel buio dell’angoscia, nei momenti in cui più ci si attacca al piccolo schermo per sapere altre notizie, tutto si blocca, tutto torna maledettamente indietro. L’informazione si congela, prona alle esigenze degli inserzionisti che hanno prenotato più spazi per i loro messaggi promozionali. Sanno che questi speciali, queste lunghe dirette attirano un vasto pubblico. E sanno di avere a disposizione una più vasta platea (non importa se commossa) a cui proporre i propri prodotti.
Si consuma così lo sciacallaggio della pubblicità al quale si assiste, purtroppo, impotenti