Cappuccio infatti immagina che Borsellino rievochi il suo passato pochi minuti prima dello scoppio della bomba che lo avrebbe dilaniato insieme ai cinque agenti della sua scorta. La riproposizione di stralci di vita del protagonista, intervallati da immagini di repertorio è estremamente suggestiva. Il merito maggiore dello speciale è di far rivivere al telespettatore quel 19 luglio del 1992 quando mancava poco alle 16:58.
Era proprio questo l’orario scelto da Cosa nostra per azioanre il telecomando e far esplodere la bomba. Il giudice viene presentato come un uomo assolutamente normale. Il suo attaccamento al lavoro e la sua sete di giustizia sono palpabili. Le parole di Borsellino vengono ripetute dallo stesso Cappuccio che ne interpreta quasi l’anima e ne mostra la forza e il coraggio con cui ha affrontato la consapevolezza di dover morire. L’atmosfera in cui si svolge il racconto è sobria, persino minimalista. Quel che conta è la “parola” di Borsellino, i suoi ricordi che iniziano dall’infanzia e includono il suo arrivo a Palermo. Una città che all’inizio il giudice non amava ma che ha imparato a conoscere e alla quale ha dedicato tutta la sua vita
Cappuccio parla con frasi semplici, senza orpelli linguistici, in un ambiente dove non esistono neanche orpelli spettacolari. Tutto è semplice. Nelle parole di Borsellino ritorna insistentemente quell’ora, le 16:58. E lui, il giudice nemico acerrimo di Cosa Nostra, parla di sé quasi in una sorta di testamento morale e spirituale. “Sta per accadere dirà spesso, forse questa è la mia ultima frase, forse anche la mia ultima ora al mondo. Ma tutto deve accadere ed io non mi lamento”.
È questo il senso dello speciale che va analizzato alla luce di quanto è accaduto dopo il sacrificio del giudice. Il frammento prezioso che i telespettatori ritroveranno è rappresentato da stralci della audizione del magistrato al Consiglio Superiore della Magistratura nel 1988. Solo guardando lo speciale e ricordando l’amore per la legalità del giudice si può capire il significato del titolo: Borsellino essendo Stato. Rappresentando il giudice, Ruggero Cappuccio ricorda l’infanzia di Borsellino e la sua amicizia con Falcone. {module Pubblicità dentro articolo 2}
Forse questo passaggio è uno dei più emozionanti, perché i due bambini Giovanni e Paolo parlano dei loro sogni e si scambiamo innocenti sensazioni. Elemento ricorrente, la voce di Rosaria Costa moglie di Vito Schifani, uno degli agenti della scorta uccisi, che tra le lacrime si rivolge agli assassini spronandoli a pentirsi. “Io vi perdono, però vi dovete mettervi in ginocchio, se avete il coraggio di cambiare”.
Certo è da apprezzare lo sforzo di Rai1 e Rai Storia nel ricordare il giudice simbolo della lotta alla mafia insieme a Giovanni Falcone. Ma l’aver relegato la messa in onda prima su Rai Storia e poi sulla seconda serata di Rai 1 non fa onore agli obiettivi preposti. Non si capisce perché il ricordo di Borsellino non possa conquistare la prima serata come è stato fatto con le fiction che ne hanno ricordato la vita e la sua lotta contro la mafia.