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Il nome del testimonial però, è subito individuabile: si tratta di Enrico Ruggeri, cantautore che passa così dalla musica e la conduzione di programmi (televisivi e radiofonici) alla pubblicità. Per festeggiare il suo centenario infatti, la Negroni si è rivolta proprio all’artista.
Suscita un certo stupore il fatto che un cantante come Ruggeri presti la propria voce per promuovere i cubetti di pancetta affumicata, e ancor più sentirlo intonare il verso “la stella dei Negroni, vuol dire qualità”, come previsto dalla sua reinterpretazione dello storio jingle.
Un’immagine dello spot Negroni
Mentre sullo schermo scorrono le immagini appetitose di uova, pancetta saltata in padella e spaghetti buttati in acqua bollente, la voce di Ruggeri le accompagna. Naturalmente, sono gli ingredienti della carbonara che, al termine dei 30 secondi di spot, vediamo mangiare a un gruppo di amici. La compagnia infatti, è l’ultimo ingrediente per l’ottima riuscita del piatto.
Al cantante, spetta anche recitare il promo finale: “se è Negroni, si sente”.
Lo spot è stato bersaglio di diverse critiche in rete, tanto che sono nate anche apposite pagine social per sbeffeggiarlo. In realtà, per quanto possa provocare commenti ironici, il cantante non è il primo artista a prestarsi alla pubblicità. Colleghi ben più famosi come le star di Hollywood Kevin Costner e Antonio Banderas, ad esempio, hanno letteralmente ridicolizzato al loro immagine di sex symbol reclamizzando tonno e merendine. Banderas in particolare, nelle vesti di improbabile mugnaio che parla con la gallina Rosita, ha letteralmente distrutto un immaginario femminile che lo vedeva come bello e tenebroso.
In confronto, il “peccato” di Ruggeri è davvero veniale. Le critiche però, sono state feroci, tanto che lo stesso Ruggeri, ha ritenuto di dover precisare la sua posizione: “Ho prestato la voce ad uno spot pubblicitario, cantando uno slogan ‘storico’ appartenente alla mia infanzia e a quella di tutti i miei coetanei”, ha scritto l’artista in un a nota poi condivisa anche nei suoi profili social. “C’è stata una piccolissima percentuale di duri e puri che invece ha manifestato dissenso, quasi che la cosa fosse “dequalificante” per un musicista che si proclama serio”, ha poi proseguito sottolineando che “Ci sono stati artisti che si sono prestati a cose ben più gravi, prostitutorie direi, presso i potenti di turno: quello è venir meno a dignità ed etica” , per poi concludere chiarendo che, ad una rtista, il denaro serve proprio per mantenere la sua libertà creativa. Nel suo caso ad esempio, per produrre dischi.