Jo Bastianic, Bruno Barbieri, Antonino Cannavacciuolo e Carlo Cracco hanno cercato di mostrare l’altra faccia della loro personalità televisiva ovemai esistesse davvero: un buonismo spesso accentuato che poteva anche sembrare costruito a tavolino e quindi non spontaneo.
Mentre nella scorsa edizione l’inserimento di Cannavacciuolo come quarto giudice era servito a stemperare il carattere burbero e spesso aggressivo degli altri tre giudici, questa volta sono stati Barbieri, Bastianic e Cracco a rincorrere lo Chef napoletano sulla strada del buonismo. Si è così avuta la sensazione di una vera e propria omologazione dei cosiddetti Fab Four, come Sky ama definirli, verso un atteggiamento di comprensione, spesso anche di solidarietà nei confronti dei concorrenti. Questi, dal canto loro, non sempre hanno mostrato sincerità nel raccontare, nei pochissimi minuti a disposizione, le proprie storie. Qualcuno ha esagerato nel tentativo di impressionare i giudici con frammenti di vicende strappalacrime piuttosto che con le ricette preparate. Insomma più che il gusto, potè la retorica e forse anche una goliardia dal sapore accentuato da parte dei giudici.
I telespettatori hanno visto il “burbero benefico” Cannavacciuolo cercare persino di suggerire ai concorrenti spesso mimando anche le risposte. Hanno assistito ad una burla realizzata alle spalle di una giovane aspirante chef alla quale, assegnandole quattro No, hanno fatto credere di essere stata eliminata. Salvo poi esprimere soddisfazione per la nuova e reale votazione che la promuovera a pieni voti.
Verso la fine della puntata è però venuta fuori la vera essenza della giuria. E così il pubblico ha assistito al lancio di uno gnocco ritenuto troppo duro da parte di Bastianich che ha ceduto anche alla tentazione di gettare il piatto di un altro concorrente nella spazzatura. Gesti che ne evocano altri, avvenuti nelle prime edizioni, con maggiore “virulenza”. I quattro hanno cercato un compromesso nel loro ruolo trasformandosi, a seconda delle occasioni e delle storie raccontate, da sostenitori dei singoli partecipanti a commissari severi ma non troppo.
Insomma, quest’anno niente più nette suddivisioni tra i buoni e i cattivi, ma una sorta di compromesso comportamentale. Si è avuta la sensazione, inoltre, che gli autori e i giudici abbiano anche cercato, nei casting, personaggi che potessero avere un qualche appeal sul pubblico veicolando un messaggio positivo.
Un esempio: il racconto di una giovane aspirante Chef che sogna di vincere il talent show per comprare un mulino nella sua terra d’origine e mettere su un’azienda per la produzione della farina.