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Prende la parola Valsecchi, il produttore: “Una storia vera che ci hanno raccontato e che abbiamo deciso di far diventare una fiction. La ‘Ndrangheta fattura 40 milioni l’anno, raccontiamo questa storia per raccontare ai giovani la realtà ma anche gli esempi positivi come quello di Marco Bocci, un poliziotto infiltrato”.
La fiction è stata girata in luoghi in cui la ‘Ndrangheta è realmente presente, come ad esempio il Porto di Gioia Tauro. Il microfono passa a Federico Cafiero, Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria: “Quello che mi ha toccato in modo particolare è la parte dell’infiltrato, colui che rischia la propria vita. La ‘Ndrangheta è forte perché può appoggiarsi alla politica corrotta, alla magistratura corrotta, uomini come Solo sono fondamentali. Mi ha colpito molto anche il ruolo della famiglia e il ruolo di Agata Corona, una ragazza che in famiglia non ha diritti ed è obbligata a seguire il codice della malavita. Una figura importante perché la ragazza cerca di diventare indipendente, e nella realtà ci sono molte figlie che si ribellano e alla fine o vengono uccise o diventano collaboratrici di giustizia. Anche il titolo Solo ci fa capire molte cose, in Calabria siamo soli”.
La parola passa al Questore Grassi: “Ho visto la prima puntata che è estremamente pertinente alla realtà e spinge a molti spunti di riflessione”. Il personaggio di Marco Bocci convince il questore “Ovviamente si parla di una fiction ma Solo è un esempio positivo”.
Prende il microfono il giornalista Giovanni Tizian, “Finalmente una fiction sulla ‘Ndrangheta. Da giornalista e calabrese conosco bene la mia terra e Solo riesce a raccontare la Calabria di oggi, una terra che soffre la migrazione dei giovani e dove la ‘Ndrangheta è infiltrata in tutti i palazzi del potere, proprio questo la rende difficile da sconfiggere. Solo può essere un modo per convincere i giovani che non bisogna mai prostrarsi alla criminalità e solo così si può sconfiggere”.
Passa la parola a Michele Alhaique, il regista: “Solo è un eroe positivo che dentro nasconde grandi conflitti”. Non mancano i ringraziamenti agli altri attori.
La parola passa a Marco Bocci: “Abbiamo cercato di creare una serie il più verosimile possibile. I nostri personaggi non sono eroi ma uomini che si impegnano quotidianamente, che hanno paura. Un ringraziamento importante va anche al regista che è riuscito a creare un bel gruppo”.
La fiction si ispira ad una storia vera, ovviamente per la sicurezza dell’infiltrato non vengono dati dettagli, si tratta però di uno dei primi esperimenti per raccontare la Malapianta calabrese che è rimasta sempre più oscura rispetto alla mafia siciliana e alla camorra.
Riprende la parola Bocci: “Questo personaggio mi ha fatto capire delle dinamiche crudeli che verranno messe in scena già dalla prima puntata, senza però cercare di mitizzare i cattivi”.