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Abbiamo incontrato l’attore che ha anticipato il suo ruolo e le emozioni provate nel corso delle riprese della serie.
In effetti I fantasmi di Portopalo sono ispirati ad una vicenda di omertà, non crede?
Assolutamente no. E ci tengo a precisarlo. Quei cittadini non sapevano come comportarsi, avevano paura, temevano per il proprio futuro, si sono sentiti soli, disorientati.
Lei pensa che, a distanza di oltre 20 anni, le ferite aperte da quella tragedia siano oramai guarite?
Portopalo risente ancora delle conseguenze di quanto è avvenuto nella notte del Natale 1996. Immaginate di buttare in mare la rete da pesca, e sollevarla trovandoci corpi umani. Si resta sconvolti. Ancora oggi, mentre giravamo, abbiamo visto i pescatori piangere: per noi era finzione, ma loro l’hanno vissuto: per loro è stata la realtà.
Dinanzi ad un tale dramma, il discorso, inevitabilmente, vira versa il tema immigrazione…
Io so che adesso il commento sarà che dovrei portarmeli a casa, i migranti. Ma è solo una provocazione: occorre una gestione dei flussi, altrimenti è normale che persone lasciate abbandonate a se stesse, possano finire preda della mafia e della criminalità.
Potrà esserci una soluzione politica, finalmente?
Nessuno purtroppo, ne propone una efficace: si fa solo polemica. Eppure ci sono esempi virtuosi, come il sindaco di Riace: lì si è dimostrato che l’integrazione nel tessuto sociale è possibile, e funziona.
Il paese di Portopalo, però, ha fatto naufragare anche la propria coscienza, non trova?
Portopalo è stato vittima di un doppio naufragio: da un lato quello del barcone affondato, dall’altro quello dell’anima dei portopalesi. Ma la rinascita è avvenuta quando la vicenda è stata portata alla luce da Saro Ferro che si è rivolto ad un giornalista di Repubblica, Giovanni Maria Bellu. Nella fiction è interpretato da Giuseppe Battiston.Le difficoltà sono state tante, ed anche i rischi.
Come attore lei ha scelto di raccontare storie importanti. Come è venuto a conoscenza di Portopalo?
Ho scoperto questa tragedia e ne sono rimasto subito colpito. Va considerata un po’ la madre di tutti i naufragi, perciò mi interessava farla arrivare in tv affinchè il vasto pubblico televisivo la conoscesse. Mi piaceva poi l’idea di impegno civile, in cui il pescatore ha la stessa rilevanza del giornalista. Due figure che insegnano come tutti abbiamo l’obbligo di dire la verità.
Come è riuscito a far capire ai suoi figli il senso della sua professione?
Quando parto per andare sul set, ai miei figli non dico che vado a recitare, ma a svolgere la professione del personaggio che interpreto. Stavolta ad esempio, loro sapevano che ero andato a fare il pescatore. Naturalmente sono consapevoli della recitazione, ma quella viene dopo.
Il vostro sembra un lavoro dorato. Mai avuto qualche contestazione?
Certo, tanti mi direbbero di andare a lavorare. Ma le racconto un episodio. Una volta, girando in uno stabilimento della Fiat, dopo ore e ore, un operaio mi disse che eravamo matti e che lui non ce l’avrebbe mai fatta. A quel punto mi sono detto che allora si, pure questo è un lavoro.
L’appuntamento è per questa sera su Rai 1, con la prima puntata de I fantasmi di Portopalo.