Tra gli ospiti, Matteo Salvini – ex Vicepresidente del Consiglio, Ministro dell’Interno e leader della Lega – che ha aperto la crisi. Gli è stato dedicato un lungo collegamento in cui più volte è sembrato concedersi un piccolo comizio.
È intervenuto anche Carlo Calenda, appena fuoriuscito dalla Direzione del Partito Democratico, in polemica con i suoi colleghi per la scelta di provare a formare un governo insieme al Movimento 5 Stelle. Delle motivazioni dietro la decisione del PD ha parlato, invece, la Vicesegretaria Paola De Micheli.
Di seguito, potrete ripercorrere il racconto in diretta della prima puntata di Quarta Repubblica.
La puntata inizia subito con il piatto forte. In collegamento video c’è Matteo Salvini. Più che un’intervista, in apertura il suo è un piccolo comizio. Il leader della Lega veste i panni della vittima: voleva dare la parola agli italiani – dice – ma non gliel’hanno consentito pur di farlo fuori dal governo.
“Noi della Lega abbiamo messo 7 Ministeri sul piatto pur di dare la parola agli italiani. Invece, sta vincendo il partito del palazzo. Mi preparo a governare non appena gli italiani potranno andare a votare”, aggiunge Salvini. Arriva anche la stoccata si suoi ex alleati del M5S: “Sono entrati in Parlamento per andare contro la casta, ma evidentemente sono diventati subito casta, tradendo gli elettori”.
In sostanza, dice che l’unica cosa ad unire PD e Movimento 5 Stelle è l’odio contro di lui. Non sono d’accordo su nulla, solo sull’aumento delle tasse e sull’immigrazione incontrollata. Strali anche contro il Presidente del Consiglio Incaricato, Giuseppe Conte: “Da Avvocato del popolo si è trasformato in Avvocato del palazzo“.
Dopo molti minuti, durante i quali Nicola Porro fornisce assist più che fare domande a Matteo Salvini, interviene Stefano Cappellini, giornalista di Repubblica.
Gli chiede perché ha deciso di aprire la crisi se – come ha detto nei giorni scorsi – aveva sentore di un complotto ai suoi danni ad opera di PD e Movimento Cinque Stelle.
Salvini prima nega di aver parlato di complotto – cosa che invece aveva lasciato intendere chiaramente – e poi dice che dal suo punto di vista il governo era bloccato. Lui ha semplicemente deciso di scommettere sul voto degli italiani, conclude.
Se per il Partito Democratico ci sono solo parole molto dure, Salvini tende la mano a Luigi Di Maio: “Non parlerò mai male di Di Maio. Persona seria e grande lavoratore”.
Ora si passa alle alleanze. Interrogato da Stefano Cappellini, Matteo Salvini conferma la sua volontà di mantenere in vita l’alleanza di centro-destra. Al contrario, attacca il tentativo di PD e M5S di provare ad allearsi anche in ambito locale (ipotesi, al momento, lontana dal realizzarsi).
Poi, arriva la domanda sul caso Savoini e il Russiagate. Cappellini chiede a Matteo Salvini perché non ha mai chiarito la sua posizione sul presunto, poco chiaro, movimento di fondi dalla Russia alle casse della Lega. Il Ministro dell’Interno elude la domanda, trincerandosi dietro un affondo garantista. “Non ho chiarito perché non ho nulla da chiarire. Finora c’è solo un’inchiesta in corso”, conclude.
Il tema successivo della prima puntata di Quarta Repubblica è il voto di domani sulla piattaforma Rousseau del Movimento Cinque Stelle. Il Capo Politico Luigi Di Maio e tutto l’entourage del partito hanno detto chiaramente che dall’esito dipenderà la formazione o meno del nuovo governo insieme al PD.
L’accordo tra i vertici dei due partiti sembra essere stato raggiunto, ma gli iscritti alla piattaforma online del M5S saranno determinanti per la scelta finale. Intanto, il Presidente del Consiglio Incaricato Giuseppe Conte è atteso subito dopo al Quirinale, per sciogliere la riserva con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
In chiusura, Matteo Salvini cita Fabrizio De Andrè. Come lui diceva che la sua canzone più bella sarebbe stata sempre quella successiva, così il suo miglior governo sarà il prossimo.
Salvini cita spesso De Andrè, ma si tratta di citazioni probabilmente opportunistiche se non provocatorie, visto che il cantautore ligure l’avrebbe pensata in maniera diametralmente opposta alla sua su molti temi.
Subito dopo, rincara: “Io sono un uomo libero. Quelli che stanno decidendo a Roma non sono uomini liberi, sono condizionati dalla necessità di mantenere saldo il loro posto. Io preferirò sempre essere un uomo libero”.
Infine, saluta il pubblico dicendo che andrà dalla figlia e sottolineando che ha un rosario appeso al collo sotto la camicia. Ultimo tentativo di ingraziarsi il pubblico per via emotiva, irrazionale, usando sua figlia e la religione.
Ora a Quarta Repubblica è il momento di Carlo Calenda. Insieme a lui c’è il Direttore del quotidiano Il Foglio, Claudio Cerasa. Calenda è stato Ministro dello Sviluppo Economico nei Governi Renzi e Gentiloni, ora è Parlamentare Europeo. Nelle ultime settimane, è tra i maggiori agitatori interni al PD.
Quando il nuovo Segretario Nicola Zingaretti – imbeccato anche da Matteo Renzi – ha iniziato le trattative per formare il nuovo governo insieme al Movimento Cinque Stelle, lui ha abbandonato il partito. Non è la prima volta che minaccia la separazione definitiva dal PD, stavolta potrebbe accadere.
Inconcepibile, spiega, che due partiti animati da valori opposti possano fare un’alleanza come quella che si prospetta. Per di più, dopo essersi ricoperti di insulti negli ultimi anni. La sua posizione di chiusura totale nei confronti del M5S era maggioritaria nel partito fino al giorno prima della crisi, rincara: “Impossibile che da un giorno all’altro si passi all’intesa, senza andare a votare. Un partito democratico di una democrazia liberale non può avere paura del voto”.
Il Direttore Claudio Cerasa spiega l’avvicinamento come il tentativo necessario per bloccare Matteo Salvini. Inoltre, è costituzionalemente del tutto legittimo. Spiegazione che non scalfisce l’idea di Calenda.
Nemmeno i dati degli ultimi sondaggi sull’alleanza tra Pd e M5S (che mostrano un elettorato diviso ma tendenzialmente favorevole) e il calo consistente dello spread alterano le sue convinzioni. “Non faccio fatica a credere che ora gli elettori del PD vogliano l’alleanza. Ma credo che sarà un pasticcio che non porterà nulla di buono né ai due partiti né all’Italia. Sarà solo un enorme vantaggio futuro per Salvini“, ribadisce.
Terza parte di Quarta Repubblica. Arriva la Vice-Segretaria del Partito Democratico, Paola De Micheli. A pungolarla saranno il Direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti, e Stefano Cappellini di Repubblica.
Con un video che sottolinea le contraddizioni e le liti tra i due partiti, Nicola Porro chiede alla De Micheli come sia nata la stramba e improvvisa alleanza tra Pd e Movimento Cinque Stelle.
La De Micheli – sviando in parte il cuore della domanda – dice che non ci sono alternative migliori. Di fronte al disastro a cui rischia di andare incontro l’Italia, si è fatta una scelta di responsabilità.
“Di Maio e Di Battista insieme a Renzi e alla Boschi non possono stare insieme nemmeno umanamente”, rilancia il Direttore Alessandro Sallusti. Inoltre, aggiunge, politicamente vogliono cose del tutto inconciliabili che rischiano di pagare pesantemente con i rispettivi elettori.
La Vice-Segretaria Paola De Micheli riconosce le differenze e i possibili punti di frizione. In qualche modo, tuttavia, fa capire che certi contrasti sono stati messi in conto, ma si è voluto andare oltre.
Alla domanda di Nicola Porro sul perché lo stesso Segretario abbia cambiato idea da un giorno all’altro sul Movimento Cinque Stelle, la De Micheli gioca sulla difensiva: “Le condizioni date hanno costretto a rivalutare tutto. Bisogna essere pronti a farlo quando non ci sono alternative migliori”.
Come fa notare il Direttore Sallusti, però, c’è anche una partita interna al PD. I gruppi parlamentari sono per lo più renziani, mentre il neo-Segretario Zingaretti può vantare un controllo forte nel partito. Con Matteo Renzi improvvisamente favorevole all’accordo con il M5S, il rifiuto della trattativa sarebbe stato più complicato.
Il passo successivo è il dibattito sulla figura del Presidente del Consiglio Incaricato Giuseppe Conte. Luigi Di Maio ne ha parlato come di personalità “super-partes”. In realtà, il suo nome fu fatto proprio dal Movimento all’indomani delle elezioni del 4 marzo 2018. Fu lo stesso Di Maio a rivendicarlo: “Non è vero che Giuseppe Conte non è stato eletto. Era nella nostra squadra di governo ed è stato votato da 11 milioni di italiani”.
Chiusa la parentesi “Crisi di governo”, Nicola Porro introduce il tema immigrazione.
Oggi, la nave Eleonore della ONG tedesca Lifeline ha forzato il divieto di ingresso nelle acque territoriali italiane. Il provvedimento era stato firmato nei giorni scorsi del Ministro dell’Interno Matteo Salvini e dai Ministri Toninelli e Trenta. La manovra di Elonore è stata giustificata con l’insostenibilità delle condizioni a bordo nave e un’emergenza sanitaria in atto.
Porro manda in onda un servizio dall’intento chiaro: dimostrare che i motivi di salute addotti come giustificazione siano solo un pretesto per aggirare i divieti.
Non meglio identificati operatori del centro di soccorso in cui sono stati portati gli sbarcati, dicono che i naufraghi in realtà stavano bene. Il conduttore Nicola Porro parla di “ipocrisia di fronte ad evidenti casi di forzature”. Il giornalista Mario Giordano, dice apertamente che gli immigrati vengono solo usati a scopo politico e che le ONG vanno a prelevare gli immigrati di proposito.
La trasmissione diventa ingestibile: Mario Giordano e la giornalista Angela Azzaro si urlano contro. In questa fase, Quarta Repubblica è non solo inutile, ma perfino dannosa per il pubblico.
Non appena la situazione si calma, Nicola Porro ripropone i dubbi sulla condotta delle ONG. Omette – inconsapevolmente o meno è difficle dirlo – che le ONG operanti nel Mediterraneo sono ormai pochissime e tutte le inchieste condotte in questi anni hanno già chiarito la loro posizione, non rilevando irregolarità.
Inoltre, omette che il cosiddetto “fattore pull” – cioè la possibilità che la solo presenza delle navi delle ONG nel Mediterraneo spinga i migranti a partire – è stata smentita con altrettanta nettezza. Senza contare che le navi delle ONG, al momento, salvano una minima parte degli immigrati che si avventurano nel Mediterraneo.
Al dibattito partecipano anche l’Onorevole Emanuele Fiano del PD, il Parlamentare Europeo di Forza Italia Massimiliano Salini ed Alessandro Sallusti.
Come gestirà l’immigrazione il nuovo governo? Ci si chiede se e come si rivedranno le leggi del Ministro Salvini. Oltre a come si potrebbe rivedere la Convenzione di Dublino, che regola la gestione dei fenomeni migratori a livello europeo.
Salini, Giordano e Sallusti rivendicano le misure del Ministro Salvini. Secondo loro sono ragionevoli, oltre ad avere ampio appoggio internazionale ed elettorale. Più complessa, riconoscono, la situazione per la revisione in sede europea del Convenzione di Dublino.
La parentesi dedicata all’immigrazione si chiude in questo modo. Momento confuso e tutt’altro che utile alla corretta informazione del pubblico.
Ora, tocca al “Processo del lunedì”. È l’ultima parte della puntata, generalmente dedicata al confronto acceso tra parti contrapposte su un determinato tema.
Stasera, riporta la discussione al tema della crisi di governo. Nello specifico, l’analisi è centrata sulla figura del Presidente del Consiglio Incaricato Giuseppe Conte.
Partecipano Vittorio Sgarbi, Jacopo Fo, Daniele Capezzone e Benedetta Piscitelli. Il loro dibattito è supportato dai sondaggi di Renato Mannheimer, presente in studio.
Il Presidente Conte gode, secondo i sondaggi, di un giudizio lusinghiero da più della metà degli italiani. Al momento, è la figura più apprezzata dopo il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Il confronto in studio è più una chiacchierata leggera che un vero dibattito. Conte è davvero uno statista o solo un bluff politico? Questa è la domanda a cui si cerca di rispondere.
La prima puntata di Quarta Repubblica finisce qui.