La differenza rispetto al passato è la presenza di scene d’azione molto più intense e persino violente se confrontate a quelle del passato.
Nelle quattro puntate, come vi abbiamo già anticipato, ci sono molte guest star. Con la sceneggiatura di Carlo Lucarelli (e Giampiero Rigosi) e la regia dei Manetti Bros, Coliandro riprende il suo posto nel palinsesto della seconda rete.
Abbiamo intervistato Giampaolo Morelli. Questa è l’intervista rilasciata a maridacaterini.it.
Coliandro torna nel commissariato di Bologna dove lavora da sette edizioni. Che ruolo ha la città nel contesto della storia?
«Bologna è il cuore pulsante della serie. È l’unica città che si prestava a raccontare le storie dell’ispettore più sconclusionato e pasticcione del piccolo schermo. Bologna è una vera e propria co-protagonista ed ha lo stesso ruolo importante di Coliandro, perché viene inquadrata dal centro storico alla periferia, soprattutto i riflettori sono puntati sui vicoli del centro. Ma c’è di più».
Si riferisce sempre la città di Bologna?
«Sì. Una recente statistica realizzata solo qualche settimana fa ha dimostrato che Coliandro ha avuto un grandissimo impatto turistico su Bologna grazie proprio alla nostra serie. Le persone che vengono nella città per visitare i luoghi di Coliandro aumentano sempre di più. Si tratta prevalentemente di telespettatori che vogliono visitare la sua casa e i posti dove svolge le indagini. Insomma la statistica ha dimostrato che Coliandro ha portato a Bologna un indotto turistico – economico maggiore di quello che Don Matteo ha portato alla città di Spoleto e precedentemente a Gubbio».
Insomma si sta per realizzare un vero e proprio itinerario di Coliandro a Bologna…
«È proprio così. La città come dicevo prima si presta moltissimo alle storie raccontate. Possiede una splendida università frequentata molto anche da stranieri, ci sono extracomunitari, una consistente comunità cinese e offre enormi possibilità di lavoro. Perciò Coliandro è una serie molto amata da un pubblico giovane. Le faccio un esempio».
Quale?
«Un paio di anni fa lanciammo l’idea di seguire insieme in streaming l’ultima puntata di Coliandro assieme a 200 persone. Il luogo era la cineteca di Bologna e pubblicammo l’invito su internet. In pochissimi minuti i posti furono esauriti. Ma cominciarono ad arrivare ai nostri profili social messaggi inquietanti di persone che si davano appuntamento a Bologna anche senza prenotazione per la cineteca. Minacciavano di sfondare la porta se non fosse stato consentito a tutti di seguire insieme la puntata. E così dovemmo posizionare un grande schermo in piazza Maggiore dove si concentrarono più di 5.000 persone. Ecco chi è Coliandro».
«Coliandro non ha fans. Li hanno Montalbano, Rocco Schiavone e Don Matteo che sono grandi personaggi ricchi di fascino, di emozioni e di contraddizioni. Coliandro invece ha degli ultras, è un vero e proprio personaggio cult che non cambia mai».
In che senso non cambia mai?
«Lui ha l’aspirazione di vivere in un mondo migliore che cerca affannosamente ma non trova mai. È un idealista che troppo spesso deve ricredersi. In amore è perennemente single. Si innamora di ogni ragazza che incontra sulla sua strada ma viene puntualmente abbandonato. Lui però ricomincia daccapo».
Quando non è impegnato nelle riprese, segue i programmi televisivi?
«Purtroppo in questo periodo sono condannato a seguire soltanto Rai YoYo. Ho bambini piccoli con i quali adoro condividere i loro personaggi preferiti. Mi dispiace per i miei colleghi bravissimi e per il grande successo che sta avendo Rai Fiction».
Ci sono per lei due film in uscita. Ce li racconta?
«Il primo arriva nelle sale il prossimo 17 gennaio 2019. Ha per titolo “Bugiardi” e affronta il tema della menzogna. Io non so dire bugie ma nel film sono bugiardo matricolato. Si parla soprattutto di un’agenzia che offre, a chi è in difficoltà o non può difendersi, alibi studiati e prestabiliti per ogni occasione. Il secondo film ha per titolo “Gli uomini d’oro”. Le riprese si stanno svolgendo attualmente a Torino. La storia raccontata è ispirata a fatti accaduti realmente negli anni ’90».