Ci riferiamo in particolare sia a “Gomorra” sia a “La Paranza dei bambini“, l’ultimo libro di Roberto Saviano da cui è tratto anche l’omonimo spettacolo teatrale in tournée per l’Italia.
Abbiamo chiesto al professor Domenico De Masi, napoletano, docente di Sociologia del lavoro, un suo parere sull’incidenza che può avere avuto la messa in onda della serie “Gomorra” con tutte le violenze e le rappresentazioni di una Camorra brutale e spietata, sui giovanissimi abitanti di Napoli e dintorni. Inoltre gli abbiamo chiesto se gli ulteriori casi che si sono verificati in Italia, possano essere in qualche modo legati a quanto è accaduto nella città partenopea.
Ritiene che “Gomorra” e altri prodotti che rappresentano i camorristi come quasi dei semidei, possano avere avuto un ruolo nella formazione di tali baby gang?
Questi fatti hanno un background nella scuola, nella famiglia e nella televisione che sono tre cause concomitanti e strettamente legate. Certo quanto raccontato in Gomorra ha un effetto particolare su Napoli perché il fenomeno è nato in questo ambiente. Il ragazzino di Milano, dinanzi a tali immagini non ha la medesima spinta propulsiva di quello napoletano.
Dunque lei pensa che la serie possa avere avuto qualche responsabilità?
Le responsabilità maggiori sono naturalmente della scuola e della famiglia, ma la TV è uno strumento importantissimo. Nonostante Roberto Saviano autore dei libri su “Gomorra” sostenga che le baby gang nascono per l’incompetenza della scuola che ha abdicato alla sua missione formativa, io sono del parere che la delinquenza organizzata debba essere raccontata in tutte le proprie sfaccettature. La TV in questo senso rappresenta il detonatore finale.
Perché “Gomorra” è stato così devastante?
Perché non c’è lo Stato. I camorristi lottano soltanto contro altri clan senza esclusioni di colpi e di ferocia. La serie tende a mitizzare il delinquente. Pensi che a Napoli sulle bancarelle vendono addirittura prodotti e fac-simili ispirati alla serie. Bisogna eliminare la possibile ammirazione dei bambini nei confronti di giovanissimi camorristi che, in determinate condizioni di degrado sociale, diventano dei veri e propri modelli.
Pensiamo ad un ragazzino di 15 anni che non va a scuola e vive in un contesto povero ed emarginato. Se in una fiction televisiva non vede la controparte che si oppone alla camorra non riuscirà mai a capire che bisogna lottare contro la delinquenza. In “Gomorra” la polizia non c’è e non vengono neppure mostrate le centinaia di manifestazioni anti camorra che si realizzano quasi quotidianamente nella città di Napoli. C’è invece una serie che esprime benissimo la lotta Stato – Mafia.
Di quale serie si tratta?
Sto parlando del “Commissario Montalbano”. In ogni episodio è evidentissimo che il protagonista lotta per far emergere la legalità. In “Gomorra” tutto questo non accade. Non è un segreto che esistono delle scuole nelle estreme periferie napoletane dove i ragazzini di 10, 11 e 12 anni, spesso figli di capoclan, vanno in classe con la pistola e la mettono in bella evidenza sul banco. Come deve comportarsi il povero insegnante chiamato ad educare questi bambini? Non ci riuscirà mai senza supporti da parte delle istituzioni.
Ma che si può fare per emarginare e bloccare questa piaga sociale?
Mi sentirei di rispondere subito che bisogna riformare la scuola, la famiglia, la televisione. Inoltre, poiché non possiamo impedire ad un produttore, di realizzare una serie, io chiederei che alla fine di ogni puntata di “Gomorra”, o di altri prodotti similari, ci sia una discussione per far capire al pubblico quanto è andato in onda e le dinamiche che hanno determinato le storie raccontate. Dovrebbero intervenire intellettuali, professori, giornalisti.
Forse sarebbe stato meglio che Saviano non avesse scritto “Gomorra”?
Assolutamente no. Io sono stato un grandissimo fan di Saviano quando ha pubblicato il libro ed ho apprezzato il grande coraggio che ha avuto. Io difendo il testo a spada tratta perché è un esempio di grande letteratura che è però appannaggio di una ristretta cerchia di lettori. La serie televisiva ha un aspetto completamente diverso. Io chiedo che un prodotto che tratta di delinquenza organizzata mostri chiaramente la presenza di chi vi si oppone in nome della legalità.
Si sente di dare un ultimo consiglio?
I produttori hanno diritto di realizzare le loro serie, ma noi abbiamo il diritto di esprimere le nostre preoccupazioni etiche per quanto va in video.