Già l’Aria che Tira, il programma della fascia di mezzogiorno che Myrta Merlino conduce in maniera impeccabile.
Quindi Merlino fa magie anche in tv?
«Quando abbiamo iniziato con l’Aria che Tira, in un orario che per La7 era considerato difficilissimo da conquistare, avevamo come obiettivo di share il 3%, partivamo però dall’1%. Avevamo tanta voglia di crescere, al punto che anche quando siamo arrivati a superare il 6% in maniera sistematica ci siamo detti tante volte, prendendoci un po’ in giro: “Non c’è nulla da festeggiare fino alla doppia cifra”. E la doppia cifra ora arriva spesso».
Superare il 12% è un traguardo prestigioso per La7…
«Il risultato della puntata post elettorale è straordinario: il 12,63% nella prima parte (con oltre 1,2 milioni di ascolto medio) e ancora di più il 9,9% in seconda (con oltre un milione e mezzo di ascolto medio) rappresentano un risultato eccezionale e certificano la crescita di un programma quotidiano, che negli anni ha acquistato sempre maggiore consenso tra il pubblico e autorevolezza».
Perché nella seconda parte non arrivate mai ai livelli della prima?
«Il risultato veramente incredibile, invece, è proprio quello della seconda parte (dalle 12 alle 13:30, contro tutti i telegiornali e trasmissioni molto popolari). E ad essere incredibile, non è solo l’eccezionale 9,9 di lunedì, ma soprattutto la media della stagione che supera il 4%. In quella fascia, prima di noi, spesso non si superava il 2%, nonostante molti tentativi e notevoli investimenti».
Ascolti ma anche prestigio per il suo programma…
«Già. E qui torno al concetto dell’autorevolezza, che è cresciuta in questi anni insieme al consenso. Da noi in questa campagna elettorale sono venuti tutti i leader, vengono costantemente direttori di giornali, perché riconoscono un ruolo al nostro programma e ne apprezzano la qualità. Noi da parte nostra cerchiamo sempre di migliorarci e di innovare il format. Quest’anno abbiamo inserito due novità, che sono state molto apprezzate dal pubblico. Abbiamo provato a spiegare i grandi temi del dibattito pubblico, chiedendo a politici, professori, esperti di fare delle vere e proprie lezioni. Brevi, ma chiare per provare a entrare dentro le cose».
Ma dentro l’Aria che Tira non si respira soltanto la politica…
«Abbiamo provato a portare la vita reale dentro il nostro studio, invitando grandi artisti come Gabriele Lavia e Neri Marcorè o persone normali, come Paolo Veronesi operaio delle acciaierie di Piombino, a scrivere e leggere in studio delle lettere. Indirizzate al Governo che verrà. Per provare a discutere di ciò che realmente la gente pensa e spesso non ha modo di esprimere. Con lo stesso approccio abbiamo seguito con le nostre telecamere decine di crisi industriali, di situazioni di degrado e difficoltà delle tante periferie italiane. Non semplici collegamenti, ma interi blocchi di trasmissione, in cui gli ospiti politici interagiscono direttamente con le persone collegate. Provando anche a dare una mano a risolvere qualche problema, quando è possibile farlo. Non sempre purtroppo. Tutto questo accade, cercando di mantenere il tono e il sorriso che ci ha sempre contraddistinto in questi anni. Perché ci siamo conquistati la possibilità di restare leggeri, anche quando parliamo degli argomenti più difficili. E questo il nostro pubblico lo sa e lo riconosce».