La Leosini ha incontrato, nel carcere dove stanno scontando la pena, Sabrina Misseri e sua madre Cosima Serrano, condannate all’ergastolo perchè riconosciute colpevoli di aver ucciso la piccola Sarah Scazzi. Nell’intervista che ci ha rilasciato, racconta come nasce il programma e ci dà alcune anticipazioni per il futuro.
Come mai ha deciso di raccontare la tragica storia di Sarah Scazzi?
Nessuno conosceva Avetrana fino a qualche giorno prima di quel maledetto 26 agosto 2010, quando una ragazzina esile e dai capelli biondissimi scomparve e fu ritrovata poi, cadavere. Da allora quel puntino sulla carta geografica italiana è diventato l’ombelico del mondo. Mi sono chiesta i motivi ed ho voluto capirne di più. A spiegare il mio interesse è soprattutto il titolo che ho dato alle due puntate: ” Sarah Scazzi: quei venti minuti per morire”.
E così ha iniziato a studiare
Ad agosto scorso mi hanno consegnato diecimila pagine degli atti processuali. E’ stato un lavoro attento e accurato che mi ha permesso di entrare nelle atmosfere in cui si è consumato il delitto e di approfondire la psicologia dei protagonisti. Io ho parlato, separatamente con Sabrina e Cosima. Ma intorno a loro abbiamo costruito una scenografia tale da dare la sensazione che possano interagire. Naturalmente nessuna conosceva le domande, come sempre accade a Storie maledette.
Come definisce il programma?
Storie maledette è una struttura narrativa molto complessa che approfondisce luci e ombre degli eventi, penetra negli angoli più bui della personalità di chi ha ucciso, interroga, riflette, documenta. Voglio evidenziare che le persone che incontro non sono assassini di professione, al contrario, sono delle persone apparentemente normali che, in un momento particolare cadono in un baratro e si trasformano in quel killer nel quale, successivamente, riescono anche a prendere le distanze.
Crede che un delitto si debba studiare anche nell’ambiente in cui è stato commesso?
E’ estremamente importante l’humus culturale, storico, ambientale in cui si sviluppa la tragedia.Teniamo conto che la verità non sempre coincide con quella processuale, ma bisogna sempre tenerne conto. E soprattutto non bisogna mai dimenticare che la verità si nasconde nei dettagli, anche in quelli che apparentemente sembrano insignificanti.
Se qualcuno le chiedesse di conoscere prima le domande che saranno rivolte, quale sarebbe la sua risposta?
Sarebbe immediatamente scartato. E’ già accaduto in precedenza. Sono drastica e non ammetto assolutamente che possa accadere.
Lei è molto amata dai giovanissimi, i cosiddetti “Leosiners”. Come lo spiega?
Io sono certa che i ragazzi sono molto attenti all’importanza della parola, ai contenuti che proponiamo loro perchè diventiamo modelli. In noi si sentono rappresentati. Ed io ho avuto la capacità, ma anche la fortuna, di saperne intercettare le esigenze. L’affetto che hanno per me è del tutto ricambiato. In maniera ironica è nato anche un sito web in cui i millennials dicono per assurdo: uccidere per essere intervistati dalla Leosini.
Quando la rivedremo dopo Storie maledette?
Molto presto. Per adesso non posso anticipare altro.