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Questa sera, alle 21.20 su Rai 3, Raffaella Carrà esordisce con la seconda edizione di A raccontare comincia tu. Il primo ospite sarà Renato Zero, per una puntata che promette una partenza vivace.
Il cantautore romano è un amico di lunga data della Carrà e la stessa conduttrice lo ha sottolineato in conferenza stampa per spiegare quanto sia stato complesso intervistarlo. Ma ha detto anche di esser riuscita a mettere in risalto lati poco conosciuti dell’artista.
Il format rimane pressoché invariato, anche se perfezionato rispetto all’esordio “sperimentale” della scorsa primavera. Raffaella Carrà raggiunge l’intervistato a casa o in un luogo a lui caro per una chiacchierata in intimità e leggerezza che promette di andare molto a fondo, illuminando il protagonista da un punto di vista inedito.
Le puntate della seconda edizione saranno in totale quattro. Dopo quella a Renato Zero, vedremo le interviste a Loretta Goggi, Luciana Littizzetto e Vittorio Sgarbi.
Seguiamo insieme la diretta della prima puntate di A raccontare comincia tu.
L’anteprima è dedicata all’infanzia di Renato Zero. Gli anni nel quartiere popolare della Montagnola, a Roma, l’adolescenza effervescente, la creatività e le trasgressioni, l’irrequietezza che poi l’hanno reso una star.
Raffaella Carrà va a trovarlo a bordo di un vecchio tram, Linea Zero.
L’appuntamento è nel camerino del cantante, che sta per partire con un lungo e faraonico tour. “Voglio parlare con Renatino, come ti chiamava tua madre”, apre Raffaella Carrà.
Un nomignolo che vuole evocare anche la sensibilità dell’artista, sua croce e delizia.
A raccontare comincia tu Renato Zero: l’infanzia e l’adolescenza
Da piccolo gli procurava non pochi patemi. Lui, di famiglia di umili origini, che prima di trasferirsi alla Montagnola viveva a Ripetta, a contatto con famiglie altolocate. In pochi riuscivano a comprenderlo ed accettarlo davvero.
I ricordi continuano con il racconto dell’esperienza scolastica dalle Suore Orsoline e dell’aiuto di un sacerdote. Un donatore che gli assicurò lunghe trasfusioni per salvarsi da un problema sanguigno.
La cifra della sua giovinezza, in ogni caso, fu l’incomprensione. Pochi capivano la sua creatività, l’estro e la sensibilità che lo contraddistinguevano. “Solo la sana follia mi ha salvato dalla solitudine che mi ha accompagnato sempre”, confessa.
Torna sul trasferimento da Ripetta alla Montagnola: “Ho avuto una commissione giudicatrice molto più feroce di quella borghese. Mi giudicavano i coatti. Non era facile, visto com’ero io. Ma se qualcuno mi infastidiva, loro spuntavano come per magia”.
Un passaggio difficile, soprattuto affrontato a dieci anni. Eppure, fu proprio tale momento a consentirgli di trovare pian piano la sua strada, la voglia di affermare la sua visione libera e anticonformista.
A tredici anni, Renato Zero iniziò a fare dei piccoli spettacoli teatrali. La sua intenzione era di fare spettacolo, con la musica in primo piano.
A raccontare comincia tu Renato Zero – L’inizio dell’avventura al Piper
Una propensione che lo portò giovanissimo a conoscere il leggendario club Piper. Zero spiega come le prime volte fosse talmente giovane da dover andare nel pomeriggio. Fu al Piper che conobbe Gianni Boncompagni e il registagli permise di registrare il primo vero 45 giri, con “Non basta sai” e “In mezzo ai guai”.
Nel club romano conobbe, tra gli altri, Loredana Bertè e Mia Martini, con le quali andò a Milano in cerca di fortuna. Era lì che le case discografiche avevano il proprio quartier generale. Loro le girarono tutte, facendo decine di provini tristemente infruttuosi. “Eravamo un po’ acerbi, ma soprattutto troppo avanti rispetto ai tempi”, riconosce Renato Zero.
Intanto, a Roma frequentava i centri in cui si ritrovavano gli artisti e scrittori, come Piazza Navona o il Caffè Rosati. Posti in cui si facevano vedere nomi del calibro di Pierpaolo Pasolini e Franco Zeffirelli, mentre lui conosceva Alessandro Haber e un Pino Daniele in giro con la sua chitarra.
Con gli obblighi di leva, invece, non ebbe mai un buon rapporto e lottò a lungo per non fare il militare.
A raccontare comincia tu – L’inizio del grande successo
Per lui, in ogni caso, stava arrivando il riconoscimento da parte del pubblico, con “Mi vendo” e “Zerofobia”. I fan adoravano le canzoni ,ma soprattutto capivano il suo modo di esprimersi, le provocazioni, l’ironia, i messaggi di libertà.
“Anche se ‘Mi vendo’ sembra un canzone allegra e leggera, è a suo modo drammatica, per ciò che dice”, ci tiene a precisare Zero. E ricorda: “La mia preoccupazione perenne è stata sempre quella di capire ed essere capito. Un retaggio della mia infanzia, forse”.
In tv, una delle prime consacrazioni arrivò con l’interpretazione di “Sono depresso”. Brano che apre il racconto delle atrocità viste nel manicomio di Santa Maria della Pietà. Un tema su cui è tornato più volte, così come su quello della pedofilia, su cui scrisse versi bellissimi.
“Rose rose io coglierò per te per tutti i giorni che non furono mai rose dischiuse”: è con questi versi, invece, che parla di sua madre Ada. Raffaella Carrà, a sua volta, racconta di quando la incontrò e rimase colpita dallo sguardo particolarmente penetrante.
“Onda gay” è una canzone che Zero scrisse per parlare della difficoltà che gli omosessuali avevano (ed hanno) nel farsi accettare. “Chi non accetta il diverso, secondo me lo fa perché in realtà non accetta nemmeno se stesso. Chi accetta se stesso non ha bisogno e neanche voglia di preoccuparsi dei diversi”, sentenzia il cantautore, ricordando quando fu scritta.
A raccontare comincia tu – Le collaborazioni tra Renato Zero e Raffaella Carrà
Renato Zero e Raffaella Carrà lavorarono insieme per la prima volta a Fantastico. In realtà, però, si incontrarono poco in quel contesto, dove facevano cose molto diverse. Le loro vere collaborazioni artistiche arivarono dopo, come quella in Money Money.
Fino alle partecipazioni a Carramba che fortuna e I migliori anni della nostra vita.
Il periodo difficile
Già nel pieno del suo successo, Renato Zero visse un improvviso periodo di grossa difficoltà tra il 1984 al 1989. Da un lato una crisi discografica generalizzata, dall’altra un paio di operazioni discografiche sbagliate e di cui oggi dice di non essere mai stato davvero convinto.
La luce per lui tornò a Sanremo del 1991, quando si presentò con “Spalle al muro”, un brano molto intenso scritto da Mariella Nava. Segnò il suo ritorno anche con un’immagine piuttosto lontana da quella eccentrica cui aveva abituato il pubblico.
A raccontare comincia tu Renato Zero – Il prossimo tour
“Alla vigilia dei miei 70 ho deciso di festeggiare Zero, ovvero il folle”, si concede prima di lasciare il camerino insieme a Raffaella Carrà.
Salgono sul tram Linea Zero e girano per le vie ferrate di Roma. È l’occasione per raccontare aneddoti. Come il brutto, ma per certi versi comico, incidente con Roberto D’agostino a bordo di una 500. Quando il giornalista rimproverò gli infermieri dell’ospedale per aver portato Zero nel reparto delle donne.
O di quando iniziò a travestirsi, da giovanissimo. Una fase sintetizzata ottimamente dai versi “Mi trucco perché la vita mia non mi riconosca e vada via”, da “La favola mia”.
A raccontare comincia tu – Renato Zero e l’amore
“Hai mai fatto follie per amore?”, chiede Raffaella Carrà, avviandosi alla chiusura.
Risponde Renato Zero: “Io l’amore l’ho visto spesso totalizzante. Per me l’amore non è quello che rende talmente ciechi da impadronirsi di due persone. Per me l’amore è distribuzione, non solo verso una persona ma verso la comunità tutta. È apertura. La chiusura, al contrario, crea sospetto e distacco. Anche l’amicizia è una forma d’amore”. E ricorda il suo grande amore per Lucy Morante (in qualche modo vivo anche dopo la separazione), oltre alla storia con Enrica Bonaccorti.
Poi, Raffaella Carrà prende alcune foto di personaggi che hanno scandito in qualche modo la sua vita o la sua carriera. Ornellla Vanoni, la sorellona adorabile con cui si sente e vede spesso. Anna Magnani, la grande attrice che lo affiancò in auto ad un semaforo, in una scena quasi da sogno. Patty Pravo, la compagna d’avventura al Piper.
Checco Zalone, “il riscatto del sud”. Federico Fellini, che Zero considera un grande benefattore: “Mi ha fatto lavorare di notte per farmi prendere doppia paga, quando avevo solo 17 anni. Io, furbescamente mi preparavo a puntino per sembrare adatto alle parti”. Jovanotti, “un ragazzo genuino, di gran cuore. David Bowie, cui molti lo hanno accostato per le scelte appariscenti.
Antonello Venditti, “anche se lui era amico di De Gregorio e Baglioni. A Loredana Bertè: “Le auguro tutto il bene del mondo. Un piccolo segreto? Il suo segreto è che se ne frega delle convenzioni delle apparenze e del bigottismo, lei è rimasta sempre Loredana“. Ricorda di quando era fidanzata con il tennista Adriano Panatta e lo passavano a prendere: la prima volta, Panatta era incredulo nel vederlo con vestiti particolarmente eccentrici.
Raffaella Carrà chiude la puntata con un vero tributo all’amicizia che la lega a Renato Zero.
La prima puntata di A raccontare comincia tu finisce qui.
Intervista godibile e con molti spunti, anche se non sempre ha mantenuto la promessa di rivelare particolari inediti da un punto di vista così originale. È successo per lunghi momenti, in ogni caso. Una chiacchierata piacevole, il cui unico difetto potrebbe essere ricercato in una durata di poco eccessiva.
Buone alcune idee, per quanto non rivoluzionarie. Come quella del tram o la scelta di condurre l’intervista senza necessariamente seguire un ordine cronologico nel racconto di Renato Zero dall’infanzia al suo ultimo tour. Aneddoti, canzoni, esperienze, riflessioni, sentimenti, emozioni messi in fila lasciando andare la conversazione nel suo alveo apparentemente naturale.
Nel rendere tutto ciò fluido e naturale, è innegabile quanto Raffaella Carrà riesca effettivamente a dare il massimo. Complice anche, è evidente, un’ottima preparazione dell’intervista.