{module Google ads}
L’occasione, un omaggio appunto all’Anno della Misericordia indetto da Papa Francesco: il numero speciale di Bell’Italia in edicola dal 4 dicembre, interamente dedicato ai luoghi deputati della Città Eterna per pellegrini credenti e laici. Un “libro”, come l’ha definito Paolucci, più che un mensile. Nel quale i testi – due gli articoli dello storico dell’arte, cui si affiancano interventi di Vittorio Sgarbi, Carla Di Domenico e dei redattori della rivista – rilanciano fotografie da sindrome di Stendhal, appositamente scattate per Bell’Italia. Duecento pagine contenenti anche illustrazioni e mappe del centro storico, indirizzi sfiziosi di ristoranti, alberghi e luoghi di accoglienza conventuali. “Non una guida per turisti – ha spiegato la direttrice della rivista, Emanuela Rosa-Clot dopo aver presentato Cairo a Paolucci – ma il racconto della ricchezza di chiese, palazzi, musei, tradizioni, contesti ambientali.
Nel segno della divulgazione di alto livello, che indica le eccellenze del patrimonio italiano ma anche le sue fragilità. La capitale ne sta vivendo alcune, tuttavia è la città-mondo perché innegabile è la sua universalità, dalla grandezza dell’Impero al Trattato di Roma, primo atto dell’Unione Europea. Un luogo identitario unico, dove nei secoli molto fu costruito proprio in occasione dei Giubilei e per il quale è improprio il confronto con Milano, perché ciascuna delle due metropoli possiede un identikit non comparabile”. Un’impresa fare una selezione di cosa andare a vedere nella Capitale: “Al viaggiatore proponiamo alcuni spunti – spiega Rosa-Clot – Come l’itinerario di Sgarbi per esplorare il rapporto tra arte e fede attraverso cinque opere, per nulla scontate, custodite nelle chiese capitoline. Oppure la visita alle grandi collezioni pubbliche o private, costituite dalle maggiori famiglie della Roma dei Papi: i Colonna, i Borghese, i Barberini, i Corsini, i Pamphilj, ma anche i migliori belvedere da cui ammirare la Città Eterna”.
Antonio Paolucci ha indicato nell’immagine a pagina 11 quello che per lui dovrebbe essere l’emblema, il “logo” del Giubileo 2015: il dipinto del Caravaggio conservato nella Cappella Contarelli di San Luigi dei Francesi.
“Si chiama la Vocazione di San Matteo e se fossi papa nei farei il simbolo dell’evento che comincia l’8 dicembre. Perché Matteo era un pubblicano, l’esattore delle tasse, un collaborazionista, diremmo oggi. Cristo lo va a cercare, nella Roma popolare, seduto al tavolo tra giovinastri armati o bari. Entra nell’angusto spazio in una luce sporca, gialla, di un pomeriggio qualsiasi. Fa quel gesto, allunga il braccio e la mano, indica proprio Matteo. Lui si schermisce con il dito sul petto, come a dire: proprio io? Ma diventa Apostolo ed Evangelista. Con un’operazione analogica, che attualizza l’antico, chi può essere il Matteo del 1600 e quello di oggi? L’usuraio qualsiasi di via dei Giubbonari, che traffica con la malavita e si circonda di infami. Anche per lui c’è un Cristo di misericordia, e ci piace immaginare che anche per lui ci sia una chiamata…Può sentirla magari camminando per il ponte degli Angeli, di fronte al Mausoleo di Adriano, dove a ogni suo passo ciascuno di quegli angeli bianchi reca in mano uno degli strumenti della passione di Cristo. O guardare la Cupola di San Pietro, una montagna di pietra che pare coprire tutti i popoli cristiani e al pari delle Dolomiti, del Gran Sasso, cambia colore al mutare delle ore e delle stagioni.
Rosa Clot- Paolucci- Cairo
Ecco, questi sono i prodigi di Roma, e l’occasione dell’anno 2015 è destinata a rimanere memorabile, come fa comprendere l’entusiasmo con il quale è stato realizzato il numero speciale di Bell’Italia”.
Alla “narrazione” di Paolucci, alla sua sapienza affabulatoria, Cairo – con quel nome, Urbano, che ricorda il papa mecenate Urbano VIII Barberini, primo villeggiante delle ville pontificie di Castelgandolfo – ha risposto con un invito: “Professore, io sono da due anni e mezzo a Roma, dobbiamo frequentarci di più. Mi piacerebbe ospitarlo di nuovo a La7, magari dalla Gruber o da Floris”.
Già, pensiamo che frutterebbero ascolti e carisma a La7 dei focus dedicati al Bel Paese e affidati ad Antonio Paolucci, che ha già mostrato nel corso di un ciclo di trasmissioni su Rai5 di essere un perfetto volto televisivo, per la capacità di raccontare col cuore e con la mente, usando i gesti e le pause giuste. Del resto uno squarcio sulla cultura già avviene in coda al “diMartedì” di Floris che la scorsa settimana ha ospitato Vittorio Sgarbi, peraltro ospite fisso su Raidue di Nicola Porro e del suo “Virus”.
Patron Urbano Cairo, che sedici anni fa ha rilevato con successo “Bell’Italia” da Giorgio Mondadori rafforzando il prestigio della rivista, ci faccia un pensierino.