{module Pubblicità dentro articolo}
Nel 2007 l’ultima prova in televisione, la miniserie “La terza verità”. Poi, le dico e lei apprezza il paragone, il baco diventa farfalla. Ovvero, Kanakis smette di essere attrice e scrive romanzi. Nel 2010 l’esordio con “Sei così mia quando dormi”, l’anno successivo “L’amante di Goebbels”.
Signora Kanakis, dunque un rapporto speciale con la letteratura, il suo.
“Nato precocemente, quando ero bambina. E continuato sempre. Un libro, dico io, è una coperta per la vita, un volo per la testa. E’ l’arma del sapere, della curiosità”,
Che cosa tiene ora sul comodino?
“Ho portato con me al mare Troppi paradisi di Walter Siti e Così parlò Zarathustra” di Nietzsche”.
Due scelte eccentriche tra di loro. Come mai?
“Lo Zarathustra lo avevo letto tanti anni fa. Sono anche andata a Sils Maria, in Engadina, dove Nietzsche ha passato parte della sua vita. Ma l’ho rispolverato mentre stavo scrivendo il mio secondo romanzo che ha per protagonista l’amante di Goebbels. Per un capitolo mi è servito documentarmi su alcuni concetti che ispirarono il nazionalsocialismo”.
E Siti?
“C’entra con quello che sto preparando adesso. Una storia particolare per la quale devo calarmi nei panni di un intellettuale. Delineare il milieu dei personaggi è fondamentale quando una vicenda è collocata temporalmente, in un preciso momento storico, in questo caso i primi del Novecento. Ho cercato Siti per avere un consiglio, lui gentilissimo mi ha suggerito appunto Troppi paradisi”.
Ma in genere che cosa ama leggere?
“I classici, che rispolvero incessantemente, volando sempre indietro, insomma. Non amo troppo i contemporanei. La mia Bibbia, per intenderci, è Memorie di Adriano, della Yourcenar. Lo definirei il libro della vita. Per lei che lo ha scritto e riscritto. Per il lettore perché gli fa comprendere la precarietà dell’esistenza. Insomma, ci toglie i grilli che abbiamo in testa, a proposito di quel Superuomo al quale ho accennato”.
E poi è un cavallo di battaglia di quel Maestro della scena che è Giorgio Albertazzi.
“Già, e mi lega a lui con un suggestivo retroscena. Ci incontrammo a Ischia per un evento, eravamo stramazzati su un divano e lui mi recitò alcuni passi del suo Adriano. Momenti indimenticabili.”
E Anna Kanakis ragazza che cosa sfogliava?
“Sono cresciuta con i libri di Oriana Fallaci, una penna che adoro”.
La Oriana Fallaci che ci avverte sulla prepotenza dell’Islam?
“Quella non mi ha entusiasmato. Piuttosto sono legata a Lettera a un bambino mai nato, a Insciallah, a Un uomo, il racconto sul suo amore Panagulis. Sa, mio padre era greco…Quei libri, così come il teatro di Franca Rame, sono lo specchio del tempo in cui crescevo. Tempo di contenuti”.
Dove ha sistemato i suoi libri?
“Non a Porto Santo Stefano, perché lo spazio è limitato. Invece nella mia casa romana, un appartamento al secondo piano, dove domina la penombra, che le dona un’atmosfera crepuscolare, dannunziana, per me adorabile. Una grande libreria lascia spazio nel mio studio soltanto a una scrivania. Altri volumi sono nella stanza che io chiamo il pensatoio. Un ambiente a due livelli dove si guarda la tv, si ascolta musica, si riflette, si legge, appunto, scegliendo i volumi da uno scaffale che ho messo nel piano superiore”.
Ora la seconda vita di Anna Kanakis. Com’è approdata alla scrittura?
“Ci ho sempre navigato. Da bambina amavo scrivere, dicevano che fosse la cosa che facevo meglio, al punto che l’insegnante di italiano pubblicava i miei temi su un giornale chiamato Sicilia. La mia vita, conquistata la fascia di Miss Italia, ha preso un’altra piega, ma ho sempre continuato a scribacchiare. Pure aggiustando i copioni. E’ successo per esempio con Vento di ponente, lunghissima seria tv. Gli sceneggiatori cambiavano qualche battuta a poche ore dal set, io non mi ritrovavo nel mio personaggio e ci mettevo del mio, stando attenta a non toccare troppo le parti dei colleghi attori, che magari avevano già memorizzato. All’inizio il produttore era seccato, poi si accorgeva che le modifiche funzionavano e mi lasciava fare”.
Vabbè, ma la trasformazione in romanziera?
“Per caso. Era il 2007, avevo finito le riprese del tv movie La terza verità, bellissima esperienza con Enzo De Caro e Bianca Guaccero diretta da Stefano Reali e vista da otto milioni di spettatori. Un set faticosissimo. Decido di concedermi un periodo di relax e mi metto a leggere la biografia di George Sand, donna controcorrente, mio mito giovanile. E mi imbatto nel suo ultimo amante, Alexandre Manceau, giovane incisore. Un uomo così dolce da far abbandonare nelle sue braccia, e per un lungo periodo, la tigre Sand. Un personaggio che mi strega. Comincio a fissarlo buttando giù pagine manoscritte. Capitoli affrontati ovunque mi capitasse, al bar, sulla barca di amici. La sera trasportavo quei fogli volanti sul pc. Non immaginavo che sarebbero diventati un romanzo. Per me quell’esperienza era vivere in un’altra dimensione. Pianti e tormenti quando dovevo scrivere della prematura morte del mio protagonista: righe strappate alle mie viscere. Poi venne la parola fine e inviai quelle cartelle a due editori. Entrambi mi cercarono. Uno di loro era Cesare De Michelis della Marsilio. Mi affido a lui, parliamo di quattro possibili titoli e della copertina, mi mette in contatto con la editor, persona discretissima, mai invadente. Finiamo questa fase e una settimana dopo mi arriva a casa un pacco con venti copie di quello che io chiamo il mio bimbo di carta, visto che stata l’esplosione delle mia fatiche, il reificarsi del tempo rubato qua e là”.
Sensazioni mai provate, nonostante lei di exploit ne avesse fatti tanti, fin da adolescente.
“Già, ma questa era davvero un’altra cosa. Nel libro tutto era mio, non rappresentavo un solo personaggio ma ciascuno di quelli che si affacciavano alla storia. Una sbornia di libertà, di indipendenza da chi, come avviene nel mestiere dell’attore, ti sceglie e dopo ti dirige”.
Il libro è stato un successo.
“Inatteso. Come inattese le recensioni. Mi aspettavo una valanga di stroncature sulla Kanakis attrice che si mette a firmare romanzi. Invece ho avuto 19 articoli di critica, tra cui quello di Isabella Bossi Fedrigotti, tutti positivi. E, quel che conta, trasversali”.
Ci ha preso gusto.
“Ho deciso che avrei continuato, lasciando perdere la Anna attrice. Imponendomi però metodo: otto ore di lavoro al giorno, ricerche, appunti presi la notte, incontri con persone che mi consentono di documentarmi. Poi è il libro che ti porta per mano in un viaggio che si può fare in solitudine indagando nelle vite degli altri. Davvero credo che sia il mestiere più bello”.