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“What women want”, quello che vogliono le donne: cosa volete raccontare con questa sketch comedy?
Sicuramente vorremmo raccontare più cose di quelle che poi, effettivamente, riusciamo a dire. Diciamo che però vogliamo raccontare le donne: lo facciamo attraverso quattro amiche che si incontrano al bar e iniziano a parlare di uomini, colleghe, figli. Non abbiamo nessuna pretesa nel farlo, solo proporre un punto di vista femminile; in apertura o chiusura invece, c’è quello maschile di Maurizio Battista. A me poi, piace molto la sitcom americana, che propone battute a un ritmo veloce e, intanto, porta avanti una storia.
A proposito del modello di donna proposto, sbaglio o si tratta dell’opposto della “mamma imperfetta”?
Sono andati in onda pochi episodi, ma in realtà bisognerebbe vedere la serie nella sua interezza perché non mancheranno le scene riguardanti anche la famiglia, i discorsi sui figli.
Certamente volevamo rappresentare la donna in modo diverso, cioè una donna realizzata che riesce a concedersi del tempo con le amiche per un aperitivo. Un tempo che invece, nella realtà, non sarebbe possibile avere, come del resto capita anche a me.
Il riferimento, seppur vago, alla lontana, è a Sex and the city.
What women want
La vedremo coinvolta in altri progetti televisivi?
No, per ora mi dedico agli “amici politici” a Striscia la notizia. Poi chissà: lo scorso anno, di questi tempi, mi era arrivata la proposta per condurre Paperissima Sprint.
Passiamo ai suoi personaggi, come li prepara?
Ognuno ha una vita a sé. Alcuni vengono spontanei, mentre altri vanno studiati e osservati. Lavoro su mie idee: di Federica Panicucci ad esempio, mi divertiva che fosse sempre impeccabile, già alle otto del mattino. Così ho fatto una Panicucci che si spazzola i capelli: naturalmente non è un’imitazione fedele, ma una mia personale interpretazione.
La D’Urso invece, che è un personaggio molto partenopeo e vivace, è stata un tormento per la voce, che non mi riusciva: alla fine ho puntato su una D’Urso che fa i miracoli e che, di conseguenza, può muoversi in qualunque modo.
L’imitazione di Federica Panicuccci
Come reagiscono i diretti interessati alle imitazioni?
Michelle Bonev sembrava essersi divertita, poi mi ha diffidata. La D’Urso al contrario, mi ha persino invitata e mi ha fatto ripetutamente i complimenti in trasmissione; la Panicucci invece, niente. Non so se le sia piaciuta o meno. Di certo, se si vuole proporre un’idea valida, qualche rischio bisogna correrlo.
Qual è il prossimo personaggio che sarà protagonista di un’imitazione di Valeria Graci?
Non lo so, deve arrivare qualcuno che abbia delle corde interessanti. La Bonev ad esempio l’avevo vista da Santoro, mentre denunciava il sistema di cui lei stessa faceva parte. A quel punto ho pensato: “Questa è un genio”.
Come spiega il fatto che la comicità sia un settore prevalentemente maschile?
Il mio caso è particolare: io mi sono trovata per caso a Zelig negli anni d’oro, quando sul palco salivano i migliori nomi della comicità, e ne sono orgogliosa. Ero un’attrice, solo in un secondo momento ho iniziato un prcorso nella comicità. ad ogni modo ci sono molte comiche donne, però effettivamente sono meno degli uomini. Sinceramente non so come spiegarlo, forse perché viene visto come demotivante: è possibile che ci sia l’errata convinzione che per lavorare come comica bisogna travestirsi, quindi imbruttirsi, quando ovviamente non è così. Più in generale posso però dire che, vedendo i laboratori o i recenti talent comici, noto che trovare idee nuove non è facile, perciò, prima di approcciarsi a questa professione, bisogna capire se davvero si vuole fare questo lavoro.