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SI parla proprio dalla Sicilia: dal parco archeologico dell’antica Neapolis. Secondo la tradizione Siracusa è stata fondata nel 734 a.C.: furono i Greci a costruirla, dotandola di un acquedotto di 40 chilometri. Il teatro poteva contenere 16mila persona, a dare la misura dell’importanza che la città rivestiva: era il più grande teatro del mondo greco.
Giacobbo si concentra poi sulle “latomie“, termine con cui viene indicato il particolare taglio delle pietre. Ma c’è “odore di permesso speciale”: il conduttore si introduce in un’area normalmente chiusa al pubblico per mostrare meglio le latomie. Si tratta di cave, un luogo divenuto poi adibito a prigioni: nella guerra contro gli ateniesi, vi vennero rinchiusi 6mila uomini.
Con l’aiuto di un geologo, viene spiegato che questo genere di forme non è rinvenibile in Grecia. È possibile che la zona non sia nata come cava, ma destinata ad un altro utilizzo? L’ipotesi è che fosse un luogo di culto dedito al Dionisio.
Ma Giacobbo sta indagando per scoprire altro: chi ha abitato questi luoghi prima dei Greci? Misteriosi disegni geometrici a spirale, le latomie: potrebbe dunque esservisi insediata una civiltà avanzata nell’era del Neolitico. Le forme delle latomie sembrerebbero ispirate alla figura femminile, secondo miti della fertilità.
Siracusa è la città in cui, nel 1608, a Caravaggio venne commissionato il Seppellimento di Santa Lucia. Il quadro potrebbe essere stato ambientato in una latomia, dato che Caravaggio era stato detenuto; Giacobbo incontra l’artista in un momento surreale, facendosi spiegare dall’attore che lo impersona, come venissero usate persone comuni per modelli.
Viene quindi ripercorsa la figura di Santa Lucia, la santa della luce, solitamente raffigurata con una torcia in mano. Patrona della città, Giacobbo entra nella chiesa a lei dedicata: il suo culto è diffuso ovunque nel mondo, ma a Siracusa ha una valenza particolare, perché è l’identità della città stessa.
Ci spostiamo ora sottoterra, dove gli abitanti si rifugiavano per sfuggire le bombe. Nei cunicoli è stata portata la statua di Santa Lucia per proteggere gli uomini e donne che cercavano di scapapre ai bombardamenti: scavate le mura nelal pietra viva, la statua è stata conservata in una sorte di “cassaforte”.
Il 13 dicembre 1260 muore re Federico II, un uomo molto lungimirante per il suo tempo: Giacobbo arriva davanti al portone del castello Maniace. Un portone diverso da quello di una struttura difensiva: lo spazio interno, quello fortificato, risulta troppo piccolo per le manovre delle macchine da guerra. Perché allora è stato costruito? Perché poi tanta raffinatezza all’interno di una fortezza?
Alla sua costruzione contribuirono maestranze di alto livello.
Si cambia completamente argomento: siamo nel deserto dell’Almeria, in Spagna,, dove sono stai girati i western del nostro cinema. Si parla perciò di western all’italiana, con le produzioni di Sergio Leone protagoniste assolute: primi piani e colonne sonore di Ennio Morricone, la celebre armonica e il fischio indimenticabile che hanno tramandato alle generazioni film di un genere considerato di serie b.
Sono gli anni ‘60, il western all’italiana diventa popolarissimo grazie ad una serie di intuizioni: frasi divenute modi di dire, immagini che nei western americani che non vedevano mostrate. Le sparatorie ad esempio, erano quasi sempre in campo lungo: nei film italiani invece, non mancavano dettagli e tutto era più caricato.
Se Ford aveva John Wayne e Leone Clint Eastwood, Sergio Corbucci aveva Franco Nero: l’attore ricorda alcuni aneddoti sul set di Django. Nel 2002 sarebbe stato anche in Django Unchained, film di Quentin Tarantino ispirato dal western italiano. Ma Franco Nero ricorda anche quando Corbucci filmò un oggetto volante non identificato: stava girando una scena de Il Mercenario, e qualcosa di strano finì nell’inquadratura; il giorno dopo i giornali spagnoli pubblicarono la noizia di avvistamenti.
Nel film l’oggetto non si vede, perché quando la pellicola è stata trasferita su cassetta, la correzione ha cancellato il punto bianco. L’oggetto sarebbe poi atterrato a nord della Spagna.
Sempre rimanendo in tema Ufo, Giacobbo si sposta in Francia: Châteauneuf-du-Pape, paese gemellato con Castel Gandolfo. Conosciuto per i suoi vini, qui è stata emessa un’ordinanza per vietare l’accesso agli Ufo: Giacobbo raggiunge il sindaco, e l’uomo gli spiega che si trattava di una mossa per attirare l’attenzione sul posto.
Ora un grande classico del programma: l’Isola di Pasqua. Non è chiaro quando vi arrivarono i polinesiani, grandi navigatori, e perché vi avessero scolpito i moai: alcuni non sono stati completati, cosa è accaduto dunque?
Gli studiosi hanno cercato tracce dell’antica cultura nei cunicoli sotterranei. Sull’isola sono presenti tre vulcani, i coloni disboscarono vaste aree per espandere le terre coltivate: la popolazione aumentò a dismisura, disboscando e usando le palme sia per costruire canoe che i moai.
Uno dei moai è in Italia: il signor Franco ce l’ha in giardino, ed è riuscito ad ottenerne uno proprio dopo aver visto una vecchia puntata di Voyager.
Viene riproposto un documentario del Nationl Geographic che ripercorre la storia dell’Isola di Pasqua, a cui l’impatto con gli europei risultò letale.
Giacobbo è ora a Roma, dove sono conservate le tavolette Rongo Rongo: contenenti una scrittura non codificata, provengono proprio dall’Isola di Pasqua.
La puntata si conclude qui, non senza aver prima ipotizzato di civiltà perdute e terre emerse. Appuntamento a lunedì prossimo.