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Chi erano i sardi? Il conduttore si pone la domanda dopo averci mostrato le cosiddette tobe dei giganti: sarà davvero appartenuta ad uomini altissimi? Chi lo sa, Giacobbo ci lascia nella curiosità. In compenso ci si collega subito agli egizi, in quanto le guardie del faraone sarebbero state sarde. In un batter d’occhio poi, si parla di magnetismo terrestre e si lancia un’ipotesi: il regno di Atlantide avrebbe potuto avere sede in Sardegna. Va precisato comunque, che Giacobbo sottolinea che la storia si mescola con la leggenda. Non che sia una novità, a Voyager.
Le tombe dei giganti
A bordo di una barca sulle azzurre acque dell’isola, Giacobbo rievoca la figura di Domenico Millelire. Si tratta del “Davide” che sfidò il “Golia” Napoleone Bonaparte in battaglia: caricato un cannone sulla nave infatti, il militre inseguù l’imbarcazione del generale francese.
Siamo ora alla Maddalena, dove Garibaldi ha vissuto per 27 anni: la sua abitazione ricorda una fazenda, come quelle viste in Sudamerica. Giacobbo entra nella casa, mostrando le stanze e anche la carrozzina su cui era costretto Garibaldi negli ultimi anni di vita. Il letto è collocato in maniera inusuale nella camera da letto, perché “l’eroe dei due mondi” voleva vedere il mare. Nessuno se la sentì di rispettare la sua volontà di essere cremato.
La Stonehenge italiana
Dopo il primo break pubblicitario, Giacobbo riparte in grande spolvero: sostiene che la bandiera sarda deriverebbe “dai nostri affezionatissimi Templari“. Preferisce però non approfondire troppo il simbolismo presente, per occuparsi della Stonehenge italiana.
Non si tratta di semplici pietre: su alcune infatti, sono stati rinvenuti volti di uomini dell’epoca. Al 1901 risalgono le prime immagini di operai che risistemano le pietre del complesso inglese: in Sardegna invece, sostiene orgoglioso il conduttore, è tutto originale,niente è stato spostato.
Ci spostiamo ora sull’isola di Tavolara, per incontrare l’ultimo discendente del regno più piccolo al mondo. Giuseppe Bertoleoni, giunto su questa terra, si sostentava allevando le capre dai denti d’oro del posto; si era proclamato re dell’isola. Tonino, attuale “re” di Tavolare, dice di non sapere a cosa si deve il colore dei denti delle capre; probabilmente ciò è dovuto all’elicriso, un fiore giallo di cui si nutrono.
Svelato l’arcano dei quadrupedi, l’attenzione è ora rivolta ai giganti di Monte Prama. Rinvenute negli anni ’70, queste statue rappresentano personaggi di grandi dimensioni: Giacobbo lo sottolinea continuamente ma, una volta nel museo, all’occhio dello spettatore non sfugge che sono poco più alte di lui.
Si prosegue alla volta di Cagliari, nelle cui vicinanze si erge un “Colosseo”. Scendendo in profondità, Giacobbo si spinge nel sottosuolo dell’anfiteatro insieme a Marco, il fido cameraman spesso evocato nel corso del programma. Il luogo, ci svela il conduttore, non è adatto per chi non voglia incontrare le blatte.Iinoltre, chi l’avrebbe mai detto, l’odore acre è dovuto al “guano di pipistrello”.
Il “Colosseo” di Cagliari
Ad ogni modo, nel fondo del “Colosseo” cagliaritano si trova una cisterna in cui veniva convogliata l’acqua piovana. Tornato in superficie, l’acqua diventa trait d’union per il prossimo, imprescindibile, argomento: il triangolo delle Bermude italiano.
Diversi infatti sono stati gli affondamenti al largo della Tavolara, di cui il conduttore ripercorre la storia.
Di nuovo a Cagliari, Giacobbo si avventura in un rifugio sotterraneo costruito per salvare gli abitanti dall’attacco tedesco durante la seconda guerra mondiale. L’esercito però non si fece ingannare, e sbarcò in Sicilia.
A questo punto, urge calare l’asso nella manica: la civiltà scomparsa di Atlantide. Il misterioso regno, seocondo il programma di Rai 2, potrebbe essere stato proprio la Sardegna.
Monte d’Accoddi
Senza alcun nesso logico, si parla dell’affresco di due angeli neri. Subito dopo, passando per un accenno alle piraidi, i menhir di Monte d’Accoddi.
La puntata si conclude qui, oggi più confusionaria che mai. La bellezza della Sardegna e le sue leggende non sono state assolutamente valorizzate, sacrificate per dare spazio ai soliti cliché storici che tanto piacciono alla squadra autoriale del programma.