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Un’iniziativa a sostegno della quale quasi 1500 persone hanno già firmato una petizione su change.org, mentre su Twitter è nato l’hashtag #cristinadavenasanremo2016. Perché non si sfugge alla propria infanzia, e perché, tra le canzoni dimenticabili di Sanremo, serve qualcuno che porti testi, una volta tanto, indimenticabili. Ma soprattutto: indimenticati.
La grinta di Lady Oscar che “come un lampo tutto abbaglia”, Sailor Moon con la luna in sé, Georgie “che corre felice sul prato”, Holly e Benji che vinceranno il campionato, Mila che “talento ha per tre”: basta solo evocarli, per avvertire un moto di commozione a cui non ci si può opporre.
Di ogni maghetta, eroe, animale parlante, Cristina D’Avena ha cantato le gesta: Cristoforo Colombo l’uomo del nuovo mondo, James Bond junior lo studente, Prince Valiant cavaliere della Tavola Rotonda, D’Artagnan apprendista moschettiere del re.
Sigle piene di spoiler sia nei testi che nelle immagini, probabilmente all’origine dell’attuale integralismo da spoiler per una sorta di principio fisico della reazione uguale e contraria.
Erano gli anni in cui gli anime giapponesi venivano riadattati e proposti dalle reti Mediaset a un pubblico infantile. Con la conseguenza di tagli, censure e stravolgimenti delle trame, ma anche con il pregio –a differenza di quanto accade oggi nelle reti tematiche- di proporre ai più piccoli storie che si sviluppassero nel lungo periodo, mantenendo viva l’attenzione per coglierne l’evoluzione.
Il toccante Touch di Mitsuru Adachi diventava Prendi il mondo e vai, l’avventuroso Rayheart delle Clamp Una porta socchiusa ai confini del sole. Allo stesso modo, Hime Chan no Ribbon (letteralmente Il fiocco di Hime chan) esplicitava il suo racconto di formazione e magia con il titolo Un fiocco per sognare, un fiocco per cambiare.
Cristina D’Avena
Prima sigla cantata da Cristina D’Avena, quella di Bambino Pinocchio nel 1981, quando frequentava ancora il liceo. Iniziava così la sua seconda vita, dopo la prima vissuta nel coro dell’Antoniano di Bologna. Ed è proprio dal palco dello Zecchino d’Oro aveva esordito: aveva appena tre anni e mezzo, il suo valzer del “moscerrino” sarebbe diventato una delle canzoni più celebri della manifestazione canora.
La D’Avena è un fenomeno unico in Italia, con numeri impressionanti: 715 brani incisi, 85 album ufficiali, 309 pubblicazioni totali, 7milioni di copie vendute.
Non che sia mai andata scemando, ma negli ultimi anni la cantante sta vivendo una nuova ondata di popolarità. Nelle piazze si affollano i bambini di 30 anni fa e quelli che lo erano dopo: molti di loro intanto, sono diventati genitori con prole al seguito.
L’autoironia delle esibizioni insieme ai Gem Boy, che le sigle dei cartoni hanno sbeffeggiato, ha poi ulteriormente consacrato l’immaginario che la D’Avena rappresenta. A ciò si aggiunge inoltre l’effetto amarcord, la rievocazione di tempi gloriosi che tanto fa leva nei periodi percepiti come di crisi.
Al Festival di Sanremo insomma, potremmo avere un ospite che nessuno oserebbe fischiare né criticare, quantomeno per motivi sentimentali. Un compito che riuscirebbero a portare a termine davvero in pochi, in quel carrozzone opulento che è la kermesse.
Al telefono con Max Briganti e Andrea Pellizzari, Carlo Conti non ha scartato l’ipotesi a priori: se dai social si levasse un coro, allora la possibilità diventerebbe concreta. Motivo questo, per cui qualcuno ha già iniziato a twittare su #cristinadavenasanremo2016.
Viene in mente uno dei versi de La stella della Senna: “il re tentenna, ma la gente si batte”.
Re Carlo Conti, ci pensi dunque, indipendentemente dal successo dell’iniziativa nei social. Se c’è un personaggio rassicurante per il pubblico, non è una ex coppia che sale sul palco dell’Ariston per fatturare. È invece una donna con l’aspetto da fatina sorridente che riesce a far cantare tre generazioni in maniera trasversale: amanti del pop, del rock, del metal più rumoroso come dell’indie più pretenzioso.