Di certo, molti sono i veterani. Non si tratta del primo, per alcuni nemmeno del secondo provino: ci provano da anni infatti, ad entrare nel cast di un programma televisivo.
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“Io l’ho già fatto, so benissimo come funziona”, ci racconta Giulia: “Chiamano a gruppi di venti o trenta poi, una volta dentro, aspetti il tuo turno”. Del resto lei è già la seconda volta che ci prova, anche se non sogna di diventare la popstar del domani.
A sentirli i ragazzi in fila, hanno i piedi ben piantati a terra: non pensano a diventare i nuovi big della canzone, ma sono consci che la visibilità di un talent come X Factor può aiutarli ad ottenere quache ingaggio in più. O perlomeno, seppure dovessero coltivare ambizioni di grandezza, il realismo si impone. “Ho cantato per anni in una cover band. Se dovessi riuscire a entrare a X Factor -dice senza troppa convinzione Sara- magari riesco a fare qualche serata in più e avere qualche contatto. E magari, se dovessero chiamarmi, lo farebbero per sentire i miei pezzi”. Insomma: la possibilità di gettare le basi di una carriera, questo rappresenta la partecipazione al talent.
Il sogno di essere famosi non è svanito, ma si è ridimensionato. Sarà che la fila è lunga, sarà che l’attesa per qualcuno è iniziata davanti ai cancelli già dalle otto del mattino, però l’atmosfera è incredibilmente tranquilla. Manca la frenesia che invece si respirava lo scorso anno, non si sentono le chitarre suonare per scaldare le voci e provare i pezzi; in un angolo, qualcuno accenna, in solitaria, note che non vogliono catturare l’attenzione.
I cancelli si aprono alle 11, riempiendo il piazzale di giovani speranzosi. Alle 4 e mezza del pomeriggio la voce dell’altoparlante ha appena finito di chiamare il numero 900, mentre dal Palasport non sono ancora usciti i 700. Anche quest’anno sono riconfermate la band: c’è chi esce indossando maschere che ricordano i Kiss, altri se ne vanno con le chitarre in spalle.
Si abbracciano, si augurano fortuna. Trascinano i trolley con i vestiti di scena: una ragazza toglie le scarpe da ginnastica per indossare tacchi rossi. Ma in quei trolley ci sono anche i ricordi di una notte in albergo: “Sono arrivato dal profondo sud”, scherza Marco. Voleva provarci, per non avere rimpianti, così ha passato la notte in albergo: “Non ho nemmeno dormito, ero in ansia”.
Nelle prime ore del pomeriggio arriva Alessandro Cattelan: scatta selfie con tutti, si aggira fuori dal Palasport con telecamere al seguito per testare l’umore generale. Di interviste però, per lui non è ancora il momento. Nel frattempo, sull’erba spuntano i mazzi di carte per dimenticare l’attesa.
Oggi si replica, e anche lunedì. Poi Milano a metà maggio.