Si comincia con un trio di imitazioni: Gentiloni, Michele Emiliano e il Presidente Mattarella commentano insieme la situazione del PD dopo il voto. come liberarsi di Matteo Renzi? Emiliano propone, visto che Renzi è andato a sciare, di contattare un amico in grado di provocare le valanghe; Gentiloni garantisce per l’amico. Oppure la soluzione potrebbe essere trovargli un altro lavoro, magari nell’informatica.
Alla fine il trio decide di chiamare Marchionne per trovare un impiego a Renzi: ma il segretario del PD si è portato dietro la rubrica contatti di Palazzo Chigi, così a Mattarella non rimane che provare a telefonare fingendosi Marchionne.
Stacco, e primo monologo: Renzi che si dimette è come un uomo che dice alla compagna di volerla lasciare, però non prima di aver fatto due figlie e averli fatti studiare fino all’università. Ancora: Renzi ha una mente mostruosa, è un mostro. Ed è di Firenze.
Crozza ripercorre il “fair play” delle dichiarazioni di Renzi, ricordando inoltre di quando Renzi diceva di non essere come chi vuole far scendere il PD al 25%: lui, infatti, l’ha portato al 18%.
Si passa poi al personaggio di D’Alema, arrivato ultimo a casa sua: che fine indecorosa di carriera. Come se Vittorio Gassmann fosse morto in diretta all’Isola dei Famosi, litigando con Giucas Casella.
Capitolo Minniti: il comico diventa il Ministro. “Una sconfitta cassa Pound”, commenta riguardo le elezioni: una batosta di quelle che “Quando esagero, mi tolgo il saluto romano da solo”. Non manca infine, un accenno alla disfatta di Pesaro: Minniti è stato preferito a un candidato praticamente sconosciuto, uno dei 5 Stelle che aveva ammesso di essersi intascato i rimborsi.
Dagli sconfitti, tocca ora ai vincitori: Crozza in versione Di Maio collegato con Crozza-conduttore.
Tra un congiuntivo sbagliato e l’altro, Di Maio tenta di spiegare il suo programma.
Monologo: prima, nei salotti buoni, i 5 Stelle erano considerati come gli Unni. Adesso invece, tutti stanno cercando di salire sul carro dei vincitori: a cominciare dai giornali. A dimostrazione di ciò, il comico mostra alcuni articoli di Riotta e Calabresi, confrontando il prima e dopo 4 marzo.
A proposito di giornalisti che cambiano facilmente opinione, spazio a Eugenio Scalfari: “io ho sempre votato a sinistra, quindi se i Sumeri si alleano col PD, io voterò per loro. Non sono io che ho cambiato idea: è l’idea che ha cambiato me”.
Sotto analisi Salvini, che parla di inciucio: “non è contrario, è geloso che non lo fanno con lui”. Intanto Berlusconi è intenzionato ad essere il “regista” della coalizione di destra: Crozza ne ripropone l’imitazione.
Si cambia completamente argomento: Sting ha inviato un video a Crozza, perciò lui ricambia con l’imitazione. Canta Laura non c’è di Nek, o almeno ci prova, perché Sting gli ha fatto sapere che ogni volta che parte un suo brano in trasmissione, riceve una “tonnellata di soldi” per il passaggio.
Si torna sul tema elezioni, stavolta commentato dal Crozza-Severgnini. Questo nelle intenzioni di Zalone, che fa le domande: l’intervistato invece, risponde con pillole di saggezza a raffica, per esplicare la “pirofila della conoscenza”.
Infine le sparate razziste di Vittorio Feltri, o meglio “verità antropologiche”: “Il nero per prendere il cibo, si allunga sugli alberi, ha i piedi prensili”. Naturalmente però, “io non sto giudicando nessuno: è Dio che ha voluto così”.
La puntata si conclude qui.